Una immagine di archivio, datata 18 Novembre 2003, mostra un momento dei funerali di Stato, nella Basilica di San Paolo a Roma, degli Italiani caduti nell'attentato a Nassiriya (Iraq). /ARCHIVIO - ANSA - KRZ
Come un latrato. Lontano. Come quando zio Bachisio andava a caccia delle lepri. Un latrato. erano i suoi cani. Lui non li sentiva. Li annusava nell’area. Sono Leka, Mingi e Perras. Loro sono. Non li sento. Ma ci sono. Lontani. Molto lontani arrivavano quei piccoli mugolii. Erano loro. Davvero. Io sopra una pietra dall’alto di Lu lamaddioni li vedevo. Anch’io non sentivo il rumore. Erano loro. Piccoli ticchettii, tamburellavano sulla terra dura, mai arata, dove solo le lepri potevano passare. E Leka, Mingi e Perras. Aspettava zio Bachisio. Aspettava un rumore, che non arrivava. Ma lo sentiva. Lontano, un sibilo nel silenzio, un canto dolce, quello di Leka soprattutto. Passava la lepre e passava dove doveva passare. Nel posto scelto da zio Bachisio e da Leka. Zio Bachisio non sbagliava col fucile malanno. Un colpo, un colpo secco senza produrre neppure rumore e la lepre che prima zampettava felice, ansimante ma sicura di riuscire a sfuggire a quel cazzo di cane, si fermava, come a rallentatore, le zampe di dietro si bloccavano, e il muso si rimpiccioliva, aveva pochi spazi prima di cadere definitivamente nelle macchie di chessa. La lepre. Senza rumore tutto accadeva. Leika che sopraggiungeva e decideva di non lasciare a nessuno il trofeo. La leccava, la povera lepre, la guardava e quasi sorrideva. Zio Bachisio aspettava. Senza nessun frastuono. La lepre non aveva più respiri. Tutto era successo in un attimo eppure si poteva raccontare. Era una lepre. Una piccola lepre senza neppure un nome. Qui il discorso era diverso, dannatamente diverso, c’era lo stesso silenzio ma non c ‘erano i latrati dei cani che ci perseguitavano, non c’era nessuna lepre ansimante. Niente. Non c’era assolutamente niente. Non c’era un cazzo di merda di niente. Non c’era neppure la remota possibilità di poter urlare, di poter commercializzare la rabbia, il disincanto, la preghiera, la voglia di fuggire, di pisciare su tutti quei cazzo di discorsi che aveva imbastito il colonnello o in quelli che avrebbe disegnato il generale. Non c’erano lepri e non si capiva che cosa ci potesse essere dentro questo fumo denso che ci rincorreva, che sguainava, che ansimava, che non si addolciva che urlava parole che sentivo mie e non erano di altre lingue ma italiane, proprio mie, allora dico, allora cazzo è successo qualcosa. Andromeda da uno rispondete, Andromeda da uno, dove siete sono dentro questo colore che non è mio, dentro questa storia che non è mia, che nessuno ci ha mai raccontato. Che cosa dobbiamo sapere che ancora non sappiamo, che cosa dobbiamo aspettare che ancora non conosciamo. Dov’è il mio maresciallo, il mio colonnello il mio generale dove cazzo sono questi signori che dovevano dipingere occhi di bambini che ci avevano inviato dentro questa terra per costruire montagne di pace e sorrisi e nuovi orizzonti che non c’è proprio niente da vedere solo ponti e armi e nessuna conquista. Dove siete non vi sento io ho dentro mille rumori che non sono i nostri non possono essere i nostri, non riescono a localizzarci, a districarsi dentro questa terra che non è nostra che siamo venuti a costruire la democrazia che aveva ragione Margherita che cazzo porca puttana aiuto io non riesco ad urlare e saltano gambe e occhi e gambe e si colorano di giallo ocra e spruzzano di rosso e non sono scintille cazzo signor maresciallo io non riesco a capire perché tutto intorno salta e gioca e distrugge e urla che non sono urla che sembra di essere in apnea e non vedo più zio Bachisio e la lepre e i suoi cani. Non vedo più niente e non riesco più a sedermi a stare in piedi e non riesco più a capire cosa cazzo devo fare che deve essere importante quello che dovremmo realizzare in questo momento e dovremmo capirlo da soli perché un soldato queste cose le capisce al volo ma ha ragione Margherita che non sono un soldato e che non valgo niente. Cristo, possibile che non si possa urlare dentro questo deserto di coscienze?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design