Poi, alla fine, ci giriamo sempre intorno alle lacrime e ai ricordi. Abbiamo questo terribile vizio della memoria, del riportarci ai giorni, alle ore, agli attimi di anni passati, di storie che qualcuno, magari, vorrebbe dimenticare. Abbiamo sempre questa faccia smunta, attorcigliata, dura, davanti alle stragi e ai maledetti autori che si sono nascosti nel vuoto dell’orrore, che non hanno avuto la pietà per non produrre dolore e violenza e hanno trattenuto il respiro solo per un attimo per levarlo a 85 persone. Per sempre. Questa è stata la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Questa è stata la deflagrazione della vita, la distruzione di braccia, gambe, occhi. Questa è stata quella terribile Guernica che non riusciamo a dimenticare, che non riusciamo a metabolizzare, che non riusciamo a perdonare. No, non ci riusciamo da nessuna parte della strada: quella laica e quella cristiana. Perché per perdonare occorre comprendere e per comprendere ci vuole la verità sul tavolo della storia. Quella verità è stata manipolata troppe volte, quella verità è stata mangiucchiata e vomitata in troppe salse. La strage di Bologna è il punto più vicino alla distruzione della democrazia che questo Stato ha vissuto: più di Piazza Fontana e più del delitto Moro, più di Piazza della Loggia e più delle stragi di Capaci e Via d’Amelio. La strage di Bologna ha fatto saltare in aria l’intero paese: quelli che avevano tre anni, (ed oggi ne avrebbero appena 41) quelli che andavano verso il mare, verso la spensieratezza, quelli che, più semplicemente, si recavano a lavorare. Ha fatto saltare in aria i sogni ed i progetti di chi prendeva un treno. Gente semplice, gente minima, gente con in tasca i colori della vita. Ha fatto saltare in aria le speranze di poter crescere, di poter porre fine alla stagione del terrorismo di destra e di sinistra, ha fatto saltare in aria la bellezza e la voglia di continuare. Io, quel due agosto 1980 stavo organizzando, insieme a dei miei amici, una bella festa di piazza, ad Alghero, fatta di canzoni, di suoni, di allegria. Era una festa per i giovani, per le pulsioni dei giovani, per il gusto che hanno i giovani quando sorridono. Era una festa di “sinistra” volutamente di sinistra, beatamente di sinistra. Quel due agosto 1980 il cielo si fermò. Quel cielo che pareva un forno di pane, quel cielo caldo e maledetto, denso e disperato. Quel cielo si fermò e sputò su un paese livido che perse la voglia di cantare. Questa è stata, per me, la strage di Bologna. Una strage fascista, una strage inutile, bastarda e cattiva, una strage che ha aggiunto altre rughe alle nostre facce troppo adulte per poter giocare e troppo dure per poter continuare a sorridere.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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