Mettiamo si chiami Mamò, un bel nome per un asino e mettiamo che Mamò sia incline alle esortazioni dell’uomo che ha deciso di essere il suo padrone. Mettiamo che in una calda giornata di Agosto Mamò voglia non solo ribellarsi a rientrare al podere dove, probabilmente, si sentiva solo e con poca libertà, ma voglia ottenere qualche giorno di ferie, forse meritate, dopo otto mesi di duro lavoro. Mettiamo, infine, che un asino è un asino e nell’immaginario collettivo è testardo di suo ed è inutile, tra l’altro, provare a lavargli la testa in quanto, come dice il proverbio, si spreca acqua e sapone. Mamò, quel giorno si inpunta, non ne vuole proprio sapere di camminare e le esortazioni energiche dell’uomo sembrano non ottenere nessun effetto. Si passa, per l’asino, alle maniere forti. L’uomo, dopo l’ennesimo tentativo di fuga e probabilmente esasperato dalla fatica e dal caldo, decide di legare Mamò con una fune alla sua auto e riportarlo, con molta forza, al podere da dove era fuggito. L’operazione si rivela però più complicata del previsto. Mamò non ci sta ad essere trattato come una bestia e cade rovinosamente per terra, mentre la fune attaccata all’auto dell’uomo continua testardamente a tirare. Così, come in quasi tutte le fiabe che si rispettino, appare l’eroe che prova a far ragionare quell’uomo, peraltro suo paesano e prova a spiegare che così, con l’asino, non si ottiene niente. Ma non funziona: i due discutono animatamente e infine l’eroe colpisce l’uomo colpevole di maltrattamenti all’animale con un soffietto metallico, causandogli un trauma cranico. La vicenda finisce in tribunale a Nuoro che si occuperà di definire il caso. Mamò, nel mentre, è ritornato al podere e probabilmente ignora completamente tutti i dettagli della vicenda. Sa solo che gli uomini sono personaggi complessi: pretendono diritti per se stessi ma non intendono concederne ad altri. In fondo aveva chiesto qualche giorno di ferie, ad Agosto, un po’ come tutti. Ma Mamò ha compreso che a lavare la testa all’uomo, animale testardo e cocciuto, si perde solo tempo perché si butta l’acqua e si spreca molto sapone.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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