FIORENZO CATERINI
In questi giorni si è fatto un gran parlare della statuetta sarda in vendita a New York come pezzo forte della collezione archeologica di una delle più famose case d’asta del mondo, Christie’s.
Una statuetta che raffigura la dea madre sarda, riconducibile al neolitico ed alla cosiddetta “cultura di Ozieri”, in vendita con un prezzo base di 1200.000 dollari, un milione di euro circa.
Si è scatenata una forte polemica, in Sardegna, tendente all’accertamento della legalità di quella vendita, con interrogazioni parlamentari ad opera del deputato Mauro Pili, con l’interessamento del sottosegretario alla cultura Barracciu e persino delle forze dell’ordine, tanto che la casa d’asta ha preferito bloccare il procedimento di vendita.
Ma oltre gli aspetti legali, la vendita della statuetta sarda ha messo l’accento sull’importanza del patrimonio archeologico sardo. Se una statuetta del neolitico sardo, per gli intenditori, assume un valore simile, che valore assegnare alla trascurata archeologia sarda?
Ora nei miei articoli ho spesso evidenziato questo pudore che storicamente tende a minimizzare tutto quello che riguarda la storia e l’archeologia della Sardegna. Ne ho spiegato le ragioni, da ricondurre, principalmente, al rapporto che esiste tra un centro statale che ha una sua storia ufficiale, dalla quale non si deve scantonare per non creare una “controstoria” che disturba. Su questa storia ufficiale poi si formano le carriere accademiche ed inoltre si intrecciano poi interessi ed appalti su ricerche e scavi che producono un sistema di chiusura verso le novità storiche, con un vero e proprio fuoco di sbarramento che spesso, abbiamo visto, va ben oltre la legalità.
Ora, il valore di quella statuetta, è chiaro, è un problema. Ed infatti immediatamente è emerso lo scetticismo sulla sua autenticità.
Ora, qualunque pezzo archeologico di valore, venduto all’asta, può essere un falso. Certamente una prestigiosa casa d’asta farà di tutto per evitare un discredito simile, ed è certo che sottoporrà la propria vendita alle certificazioni d’origine e al controllo degli esperti. Per cui le probabilità, sempre presenti, che la statuetta sia falsa, sono comunque minori di un qualunque altro pezzo archeologico.
Sul piano antropologico, tuttavia, è molto interessante l’emergere di questo fenomeno di incredulità sui simboli della propria storia, che non proviene solo dall’archeologia ufficiale, quella che in qualche modo cerca, per sua natura, di mantenere le redini del controllo, ma anche da parte degli stessi sardi, con atteggiamenti che si polarizzano. Da una parte un eccesso di vanagloria folcloristica e fantasiosa, dall’altra una sorta di scetticismo che sminuisce, minimizza le proprie prerogative, forse un senso di colpevolezza storico per le sconfitte subite.
Spesso parlo di questo pudore, di questa vergogna che ci portiamo appresso e ci impedisce di pensare in grande, e questa nube tossica, che si è subito levata sulla dea madre, su un simbolo del nostro passato, lo dimostra.
Tuttavia, è bene dire che, falsa o non falsa, il valore del patrimonio archeologico sardo resta quello.
Una statuina analoga si trova nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
E il valore di mercato quello è, giusto per restare alle aride cifre che, comunque, in questo caso, rendono bene l’idea di quale ritorno economico potrebbe avere un investimento massiccio ad esempio, sui Giganti di Mont’è Prama.
Ed infatti qualcuno si è già affrettato a mettere in dubbio l’autenticità anche di questi!
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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