Le ho viste le facce di quelle ragazze e ragazzi con un sorriso forzato dire: “grazie, buonasera”. Le ho viste e ho provato a scrutarle un po’ più a fondo, a capire e carpire segnali che non sono tra le rughe delle anime moribonde ma sono dentro le scelte scellerate fatte in questi anni in questa città che pareva Las Vegas per tutte le catene di negozi alimentari che via via si aprivano nelle periferie blasfeme, in una Predda Niedda disposta ad accogliere la moltitudine di persone alla rincorsa dell’affare e di un risparmio che solo adesso ci appare davvero effimero. Chiudono quattordici negozi alimentari, una volta si chiamavano supermercati, poi divennero ipermercati, discount, dispensatori di prodotti di ogni tipo e per ogni tasca, costruttori dell’effimero. Quei quattordici negozi rappresentavano il lavoro per 124 dipendenti che in una città come Sassari rappresentano un’enormità, una folla, molte, troppe famiglie. Le ho viste le loro facce, quelle di via Pascoli dove mi reco, a piedi, a fare la spesa e ho capito da qualche prodotto mancante che avevamo intrapreso la parabola discendente, verso il punto di non ritorno. Perché la gente preferisce risparmiare e andare a Predda Niedda. Non l’ho mai capita questa storia di sventrare i quartieri e di renderli deserti. Non ho mai capito il risparmio di qualche euro tolte le spese della benzina, dello stress e del portarsi a casa prodotti che nel tuo supermercato sotto casa non c’erano ma che ne potevi fare benissimo a meno. Adesso, tra qualche mese, quei magazzini gonfi di colori diverranno saracinesche chiuse, spazi inutili dentro una città sempre più sola. Il problema saranno quelle 124 famiglie che non avranno neppure la forza e il sorriso misurato di dire “Grazie, buonasera”. Rimarrò sempre più solo a guardarmi intorno alla ricerca di qualche punto vendita che soddisfi le mie richieste. Rimarrò ancorato fortemente al quartiere e mi porterò dentro la segreta speranza che una mattina tutte quelle saracinesche terribilmente chiuse si rianimino con quelle facce rotonde, allegre, sorridenti. Con quelle commesse e commessi pronti a salutarti e a chiederti del tempo, del lavoro, di come ti va la vita. Oggi, a Sassari non gira troppo bene.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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