C’è come un silenzio stridente nel lungo racconto di Michel Houllebecq “Sottomissione”; un incontro di vuoti considerevoli, di pensieri letterari che ruotano intorno a Joris-Karl Huysmans, un autore francese vissuto alla fine del 1800 e della cui opera pochi sanno e pochi ricordano ma che, a quanto pare, era stata letta da Oscar Wilde e Gabriele D’Annunzio. Il libro è alla ribalta delle cronache perchè si ipotizza la presa al potere dell’islam in una Francia ormai atea e scontrosa. E’ un libro cinico, visionario quanto basta e per niente complottista. L’esatto contrario, per esempio dell’ultimo romanzo di Umberto Eco “numero zero”. Houllebecq preferisce camminare in silenzio sulle parole e sulle cose, racconta della morte delle ideologie, di una Francia maledettamente poco attenta ai cambiamenti. E lo fa con gli occhi laici di un professore che lascia parlare le persone a lungo perchè sono molto interessate al proprio discorso, un uomo che afferma di amare Parigi in agosto ma la verità è che è semplicemente incapace di uscirne. Un uomo cui piace Myriam, il suo culo e i suoi pompini, una vita trascorsa a bere di tutto, soprattutto champagne e armagnac. Ecco, tutti i personaggi (anche gli arabi) bevono smodatamente, come nei libri di Miller e di Bukowski ma, in questa storia, nessuno si ubriaca. Un libro sulla letteratura, come ha sostenuto Baricco o un libro insulso e inutile, come sostengono altri? Un uomo alla ricerca di una risposta che non c’è, (in questo Houllebeq sembra quasi ritornare sulle note rarefatte del premio Nobel Modiano con il libro l’orizzonte, per esempio) un uomo alle prese di un rapporto con le donne mai risolto, alla ricerca della gratitudine di un piacere che, probabilmente solo l’ebrea Myriam riesce a dargli con il suo puro linguaggio del corpo, un uomo che aspettando il sushi beve bicchieri di bourbon. Un uomo profondamente solo. Quell’uomo, quel professore che si ritrova pensionato, dovendo lasciare l’incarico all’università della Sorbonne ormai islamica, quell’uomo, quel professore che non si ribella a questa situazione, non si ribella alla partenza di Myriam verso Israele, non si ribella al suo cazzo che ricerca delle escort con le quali non prova nessun piacere. E anche nel finale, quando a seguito dell’incontro con il rettore dell’Università islamica farà una nuova scelta, quell’uomo, quel professore, rimane solo, di una solitudine terribile, storica, quasi apocalittica. Sottomissione non è un libro eretico, non è un libro sull’islam e non è un libro sul laicismo puro che piace tanto ai francesi. E’, piuttosto, un lungo racconto intorno alla letteratura, tra Huysmans, Gesù e Maometto. Huysmans con i suoi scritti verso la fuga della realtà, Gesù che aveva troppo amato gli uomini e lasciarsi crocifiggere per loro “testimoniava quantomeno una mancanza di buon gusto” e Maometto, infine, il profeta che aveva considerato meritorio l’affrancamento degli schiavi, e che, “stabilendo l’uguaglianza in linea di principio di tutti gli uomini davanti al loro Creatore, aveva posto fine a qualsiasi forma di discriminazione razziale nel paese che dominava”. Ma è anche un lungo racconto sulla solitudine tra coppe di champagne bevute da Myriam nella concentrazione e frenesia di un pompino che, in fondo, è sempre qualcosa di molto solitario. Con poche parole. Questo non è sicuramente un libro da amare, perchè non si riesce ad amare l’autore (terribilmente antipatico e snob) ma è un libro da leggere per comprendere i silenzi dell’anima.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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