“Ciò che oggi provoca angoscia” scrive Mario Calabresi alla vigilia del voto, “è lo sfarinamento del tessuto del Paese, la fatica di immaginare un futuro e la delegittimazione violenta di chiunque non sia o non la pensi come noi. È tale la canea che le persone più ragionanti, pacate e positive sono ormai tentate di chiudersi nel privato, di non impegnarsi in nulla che sia pubblico e sperare che passi la bufera” E prosegue: “quando guarderemo con la dovuta distanza a questo referendum e a questi mesi, ci renderemo conto che la materia del bicameralismo non poteva giustificare un clima da guerra civile senz’armi”. In realtà nei paesi dei guelfi e dei ghibellini gli scontri politici sono sempre stati astiosi e feroci. Tuttavia gli schieramenti, prima di oggi, risultavano chiari. Oggi invece gli schieramenti sono trasversali. La società è talmente frantumata che le divisioni entrano non solo dentro i partiti politici, la parvenza di quelli sopravvissuti, ma anche dentro gruppi ideologicamente omogenei di persone, e persino dentro le famiglie. A cosa è dovuto questo clima avvelenato da ultima spiaggia? Vi sono i soliti scontri di potere politico, regolamenti di conti, personalismi. Ma le motivazioni di questo clima credo che siano più profonde. E siano simili a quelle che hanno portato all’elezione di Trump negli States e alla Brexit nel Regno Unito. Credo che il motivo di questa acrimonia sociale sia da individuarsi nel peso della generale crisi economica mondiale, che è stato scaricato sulla classe media, impiegati, commercianti e artigiani. Si è rotto dunque quel patto che aveva tenuto unite le società occidentali per anni: la cosiddetta società dei due terzi, in cui il malessere colpiva la minoranza di un terzo della popolazione che restava quindi al margine, ma contava meno, e alla quale non restava altro che affidarsi al sistema clientelare per emergere. Oggi sono saltati gli schemi, è saltato persino il sistema clientelare che non può più accontentare nessuno. Da qui la spaccatura, per quell’unico terzo della società che, invece, ha mantenuto intatti i suoi privilegi. La spaccatura entra dentro le famiglie. Conosco famiglie con genitori andati in pensione a 40 anni e figli disoccupati che hanno la stessa età, e che campano di quella pensione. Nel giro di una generazione, abbiamo invertito il senso del tempo lavorativo. Oggi si trova lavoro, se si è fortunati, nell’età con cui una volta si andava in pensione. Un paradosso davvero assurdo, se ci pensate, ed è evidente che molti dei problemi di oggi sono ereditati dal passato. C’è da ricostruire la struttura stessa della società, sia tecnicamente che moralmente. Il referendum forse aveva l’intenzione di riformare anche tempi tecnici legislativi che non sono più connaturati con la velocità dei tempi moderni. Ma il modo personale con cui è stato proposto dalla Presidenza del Consiglio non ha fatto altro che alimentare i personalismi e frantumare ancora di più la società italiana. Invece è necessario un grande lavoro di pazienza e di ricucitura sociale, che può avvenire soltanto con il ritorno a quella austerità che invocava Berlinguer, ma di cui le classi sociali privilegiate si dovrebbero fare carico per prime. Il patto sociale non può che iniziare da una visione alla Mujica, con sobrietà francescana che parta dall’alto. E’ triste riconoscere che, in questo momento, l’unico che è all’avanguardia, e ha compreso questo, è il capo mondiale della Chiesa Cattolica.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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