Sono stata dal mio parrucchiere, di recente. No, le sedute quotidiane della bella parlamentare tra strappi di sopracciglia e controllo della lunghezza della ricrescita, non c’entrano. Mi piace andare da Mario il parrucchiere, perché lo incontro a casa sua, dove non c’è la solita musica dei saloni e nessuna zitella coi bigodini sotto il casco che sparla di qualcuno del paese leggendo dei divorzi dei vip. Col mio parrucchiere ci discuto e l’ultima volta, mentre preparava le forbici, ho iniziato a parlargli di lavoro. Gli ho ricordato di quando si andava a scuola e della minaccia costante: “Se non studiate, non andate da nessuna parte”. Ha iniziato a mozzarmi le ciocche e mi ha risposto che anche lui se lo ricordava bene. All’università, quel “senonstudinonsarainessuno” ce lo si è ritrovato in forma più sofisticata nei manuali di sociologia e nei documenti dell’Unione Europea. “Questa è la società dell’informazione e della conoscenza!” . Il punto numero 8 della strategia di Lisbona- era il 2000- profetizzava il “ passaggio a un’economia digitale, basata sulla conoscenza, indotta da nuovi beni e servizi, (che) metterà a disposizione un potente motore per la crescita, la competitività e l’occupazione. Inoltre sarà in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e l’ambiente”. Chiuse le fabbriche, torni e catene di montaggio sono come la cartoline, cose del passato. Il motto di Lisbona mi consolava anche, impegnata in piena estate nella lettura e studio di un saggio di Jacques Derrida che iniziava mentre lui, nudo, veniva spiato dal suo gatto. Mario ha intinto il pennello nella colorazione, ho capito che mica si annoiava e allora gli raccontato quanto letto in un saggio di Luciano Gallino, anno 2014. Le qualificazioni medio basse, quelle per cui servirebbero assai poca informazione e conoscenza ma litri di olio di gomito – dal lavoro nei campi ai servizi della ristorazione e così via- mica sono diminuite. Non solo aumentano, ma a contendersele ci sono, fianco a fianco, l’immigrato tunisino e il neo laureato italiano/europeo che sul trattato di Lisbona ci ha fatto la tesi di laurea. Le mansioni ad alto tasso di qualificazione – insegnanti, giornalisti, ricercatori scientifici, funzionari- sono piagati dalla pratica della precarizzazione, quella che l’UE ha ribattezzato “flessicurezza”. Secondo le previsioni, nel 2015 Befana e Babbo Natale regaleranno 400mila contratti per lavori precari a bassa qualificazione, quattro volte in più di quelli per dirigenti, professionisti, imprenditori. Poi Mario, mi ha chiesto se si dicesse qualcosa sui parrucchieri. Per quello ho rispolverato un articolo di Repubblica di quest’estate, conservato nella memoria nei Preferiti e l’ho rassicurato, che parrucchieri ed estetisti la crisi non la conoscono e non è solo per merito della Moretti. Marco mi ha porto lo specchio per farmi ammirare la piega perfetta e spazzando via i capelli dal pavimento mi ha detto: “ Sì, ma sai… il punto è che tutti possono diventare parrucchieri. Se ti ci metti, in sei mesi, lo diventi anche tu … per altre cose mica basta una persona qualsiasi”. L’ho pagato contenta, per il taglio e quella frase, che un po’ mi ha riconciliata con Derrida e il suo gatto.
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