Sono alla ricerca di risposte e di un partito che non c’è più. Possiamo girarla come vogliamo ma non credo, almeno dai dati ormai definitivi, che agli italiani manchi la sinistra, quel partito, per intenderci, che aveva oltre il 30% dei consensi ai tempi di Enrico Berlinguer, quel partito che veniva rappresentato come il più grande partito comunista d’Occidente. Quel partito, quegli ideali, quell’ideologia, quella passione non c’è più. Se sommiamo le percentuali di “liberi e uguali” e “Potere al popolo” non si arriva al 5%. Dovremmo allora chiederci se è davvero solo colpa del crollo delle ideologie, dell’avanzare del populismo o se qualcuno, da Natta in poi, ha lavorato per erodere l’eredità di Enrico Berlinguer. Il comunismo è stata un’ideologia molto forte e compatta che ha egemonizzato milioni di italiani negli anni sessanta e settanta. E’ stato, senza esserlo, un partito di governo: responsabile, accorto, pronto a rispondere ai doveri istituzionali. Un partito ingessato che comunque faceva una certa paura. Ci fu il periodo del consociativismo, della spartizione di alcune cariche dello Stato e ci fu l’epoca di Craxi e del pentapartito. Il Pci rimaneva arroccato dentro il suo senso del dovere, dentro quella frase terribilmente bella che giocava sulla contraddizione e sulla voglia di stupire: “noi siamo diversi, ma siamo uguali agli altri partiti”. Forse il crollo del muro di Berlino, forse la globalizzazione, probabilmente l’avvento di una politica più “smart”, meno pensata e scritta, meno “melodrammatica”, una politica lontana dai preamboli demitiani, dalle convergenze parallele di Aldo Moro e dai sofismi di Andreotti ha cominciato a modificare un gene che pareva, ai nostri occhi, immodificabile. Di questo, a sinistra, non si è tenuto conto: esisteva anche un’opposizione meno costruttiva, meno pronta alla sopportazione, soprattutto perché il mercato del lavoro era bloccato e i bisogni indotti terribilmente aumentati. Così l’operaio, dal volere a tutti i costi il figlio dottore, è passato velocemente al volere il figlio famoso, subito protagonista di un mondo che cambiava in maniera molto veloce e dentro questo gioco si è costruito il grande inganno: se non lavori, se non diventi famoso, se non sei protagonista la colpa è dei poteri forti e occulti. La colpa è della politica. Le formule non funzionano soprattutto a sinistra dove è necessario e obbligatorio tagliare sempre il cappello in otto e non poteva funzionare l’Ulivo, la margherita che si fonde con i democratici di sinistra. Ma non poteva funzionare – e, infatti, non ha funzionato – quello che qualcuno chiama ancora centro-sinistra ma che, in realtà, è un rifacimento della corrente di sinistra della democrazia cristiana. Non possiamo, oggi, dare la colpa a Renzi delle macerie di un palazzo una volta dipinto di rosso. I passaggi sono tanti e la sinistra è lacerata da decenni. Difficilmente si potrà assistere alla rinascita di un partito vicino ai pensieri di Gramsci e Berlinguer perché l’olimpo, per tutti, si è da tempo modificato. Nessuno ha tempo di leggersi le lettere dal carcere, nessuno ha voglia di provare a comprendere l’essenza del compromesso storico o lo strappo con la Russia, nessuno ha l’amore di leggersi “passione e ideologia” di Pier Paolo Pasolini. Se siamo in una società liquida la politica si è adeguata e cammina nei tubi macinando slogan, vedendo promesse, costruendo programmi che non durano neppure il giorno successivo alle elezioni. Davanti a tutto questo frastuono è sbagliato demonizzare Salvini o Di Maio: troppo semplice affermare che il popolo non sa votare, che ci si renderà conto solo più avanti dei danni irreversibili che sono stati fatti. Quel popolo negli anni ha votato per Scelba, Pertini, Berlinguer, Mastella, Craxi, Altissimo, Spadolini, Berlusconi, Sgarbi, Minetti, Leone, Cossiga, Moro, Scilipoti, Sciascia. Il popolo ha scelto. Sbagliando forse, ma ha scelto. Questo è il punto da cui si deve partire e si deve, davvero, eliminare quella spocchia intellettuale che ha caratterizzato una certa sinistra imborghesitasi negli anni. La sinistra, quella sinistra che tanto amava il popolo e le sue sorti, deve necessariamente partire da un’analisi che non sia semplice e semplicistica: chi ieri ha votato era il popolo italiano. Fare finta di non capire porterà alla costruzione di un partito come “liberi e uguali” che ha portato a casa un miserrimo 3%. Sono alla ricerca di risposte e di un partito che non c’è più. E sto cercando di comprendere perché l’80% degli italiani non ha voglia di sinistra, perché la maggioranza degli italiani non sta più dalla parte del cuore. E sto male, credetemi. Terribilmente male.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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