La “sindrome del burnout” è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro, che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali. Il burnout comporta esaurimento emotivo, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale. Il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti e atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso e altrettanto spesso ignora di esserne affetto..In questi giorni di festa caratterizzati dagli acquisti più o meno on line, le poste e le imprese che effettuano consegne sono oberati di lavoro. Quasi quotidianamente vengono recapitati decine di pacchi e nel caso in cui il postino non trovi nessuno lascia l’avviso di giacenza con le indicazioni per il ritiro “presso l’ufficio postale ….. dalle ore … alle ore…” con in calce la delega. Bene. Mi presento allo sportello con in mano la carta d’identità e la delega debitamente firmata. – Occorre la fotocopia della carta d’identità del delegante – fa osservare l’impiegata. Ok, ce l’ho in macchina, la prendo e mi ripresento. La donna, con l’aria triste di chi è insoddisfatto della vita, forse alla ricerca del capro espiatorio, forse vittima della sindrome di cui sopra, mi guarda in faccia, quindi guarda la mia carta d’identità, poi guarda la fotocopia della carta d’identità del “delegante”, poi guarda quella striscia compilata (la delega), infine mi riguarda con occhi che esprimono una soddisfatta cattiveria e… – Il pacco non glielo posso consegnare. – Come? – chiedo – Perché? – Perché la firma non è uguale a quella della carta d’identità. Cazzz, mi son sentita come chi riceve una passata di schiaffi in pieno viso e davanti a tutti; come una bambina accusata ingiustamente di aver rubato la marmellata; come uno colto in flagrante con una scatola di preservativi trafugati alla cassa di Auchan; come uno studente che ha falsificato la firma del genitore nel libretto delle assenze. Forse sono arrossita, forse imbiancata, in ogni caso ho accusato il colpo. – Mi sta dicendo che ho falsificato la firma di mio figlio per ritirare il pacchetto? Si rende conto che mi sta calunniando? Chi le da il diritto o il potere di affermare che quella è una firma falsa? Mi vengono tutte d’un fiato quelle frasi, quasi a difendermi da un’accusa che sento infamante. – Io non ho detto che la firma è falsa, – mi corregge – ho detto che è diversa e per questo non le posso consegnare il pacco. Continuo a obiettare, a protestare, a cercare di farla ragionare, mentre mi monta dentro una tale collera che se non ci fosse il vetro e se fossi stata uno di quegli energumeni di cui è piena la cronaca, l’avrei afferrata per il bavero e sollevata sopra il bancone. Invece ho solo il coraggio di obiettare educatamente ma con fermezza: – Mi permetta, ma solo il titolare o il giudice possono stabilire se una firma è falsa, si rende conto della responsabilità che si sta assumendo? In ogni caso, per cortesia, mi metta per iscritto che non mi consegna il pacco e la motivazione. Si allontana, con tutta la documentazione, in una sorta di retrobottega, dove ho immaginato ci fosse un superiore competente e responsabile convinta che la ragione, il diritto, il buon senso avrebbero prevalso. Ritorna con aria soddisfatta, di chi ha appena vinto una partita all’ultimo secondo e mi restituisce, dalla fessura sotto il vetro divisorio, la mia carta d’identità e tutto il resto. – Io non le posso consegnare il pacco e non devo mettere niente per iscritto! A ricazzz! Io non mi muovo di lì! – No, signora, lei non ha capito, io da qui non vado via finché non mi consegna il pacco oppure mi fornisce una convincente spiegazione scritta, con la norma da cui deriva. Umiliata, indignata e inviperita io, soddisfatta, realizzata e impettita lei. In quel momento mi rendo conto della ragione del vetro antisfondamento che divide lo spazio tra impiegati e pubblico delle poste: non è vero che serva a prevenire le rapine! Serve a fermare i poveri cristi sottoposti agli abusi di persone disadattate che riversano sulla clientela tutte le loro frustrazioni, le loro insoddisfazioni, i loro complessi. – Mandala dal direttore – le suggerisce la collega dello sportello a fianco con tono beffardo. Lei si allontana una seconda volta, e al ritorno: – Parli col direttore… Vengo fatta passare attraverso un congegno di porte trasparenti e blindate, la cui apertura può essere manovrata solo dall’interno: sono disarmata, ma armata di una colossale incazzatura che devo trattenere per non esplodere, e in un attimo mi sono immedesimata in quelli che vengono descritti dalla cronaca scagliarsi contro impiegati, devastare l’ufficio, dare in escandescenze “in preda a un raptus”. Raptus una minchia! Sono reazioni giustificate che rispondono a delle vere e proprie provocazioni e umiliazioni. In un “retrobottega”, che non aveva niente da invidiare ad un ripostiglio disordinato, angusto, con pacchi sparsi, faldoni qua e là, dietro una scrivania sedeva un omone, forse sulla cinquantina, scuro di carnagione, che mi ha ricordato un venditore di bombole di quand’ero giovane. Gli porgo la mano salutandolo e presentandomi. Solo allora si alza (io ero già in piedi, del resto non c’erano altre sedie su cui sedersi) e tenta una spiegazione: – Vede signora, noi non POSSIAMO consegnarle il pacco perché la firma della delega è troppo diversa da quella della carta d’identità, se mi viene un’ispezione io passo guai.– Cazzz, – penso, – torra?Ma mi limito a chiedere, tutto d’un fiato e un po’ alterata: – Ma si rende conto di ciò che sta affermando? Intanto mi sta accusando di aver falsificato una firma (cosa che eventualmente potrebbe fare solo il titolare rivolgendosi a un giudice); poi sta commettendo un abuso rifiutando di compiere l’atto del quale siete stati incaricati, e pagati, senza fornire una spiegazione plausibile e soprattutto suffragata da una qualche norma. Mi mostri un articolo, anche solo del vostro regolamento interno, in cui si dica che l’atto non possa essere perfezionato in quanto la firma del delegante è difforme da quella apposta anni prima, dallo stesso, nella sua carta d’identità. Io la sfido a fare due firme identiche a distanza di qualche ora, figuriamoci a distanza di anni, ma in ogni caso, chi è lei per sindacarlo? Voi mi state umiliando, mi state calunniando, e oltre all’abuso state commettendo un reato nei miei confronti! Quando recapitate pacchi o raccomandate li consegnate a cani e a porci senza preoccuparvi minimamente dell’identità di chi li ritira e ora, di fronte a documenti che attestano inequivocabilmente la mia identità, corredati da altri documenti che attestano l’identità del titolare del bene oggetto della consegna, state contestando il fatto che due firme della stessa persona non corrispondano? La invito ancora una volta a mettere per iscritto il motivo del rifiuto, si assuma fino in fondo la responsabilità dell’abuso che sta compiendo! Inizia a balbettare, mentre io sono al culmine della rabbia e dell’esasperazione. – Guardi – mi fa – eccezionalmente le consegno il pacco, e mi assumo io la responsabilità, anche se so che se mi fanno un’ispezione passerò dei guai. – Lei, se le faranno un’ispezione, passerà guai per altri motivi, perché tutto questo non finisce qui! Tutto è bene quel che finisce bene? Manco per sogno! E’ già partito l’esposto, perché oggi se la son presa con me che so difendermi, ma spesso le vittime sono anziani indifesi e persone non attrezzate a fronteggiare abusi e prepotenze.
Ps 1: l’oggetto era il resto di un regalo (valore pochi euro) destinato paradossalmente a me. Ps 2 : questa è la prova che il commercio “ollain” ci sta rovinando l’esistenza.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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