Una di quelle storie che fanno bene al cuore. Abbondantemente dimenticata e quasi sconosciuta. Una storia d’altri tempi, così lontana e così terribilmente vicina: una storia di mafia e di soprusi, di ingiustizia e di lotta, di uomini e quaquaraquà. L’uomo si chiamava Giuseppe Rumore. Era nato a Prizzi, in provincia di Palermo, nel 1894. Una Sicilia diversa da quella di oggi, ma non troppo. Nei primi anni del 1900 i contadini erano una buona maggiornza nell’isola, come sempre sfruttati e malpagati dai vari latifondisti. Cresceva la rabbia tra di essi, cresceva la voglia di riscatto, di ottenere una paga dignitosa per mandare avanti la propria famiglia. La lega dei contadini era il loro sindacato e Giuseppe Rumore, subito dopo la prima grande guerra, ne divenne il segretario cominciando a lottare contro “i padroni”. Ed ecco che, come d’incanto,, appare la mafia: i latifondisti, infatti, cercarono l’appoggio silenzioso di quella che, allora, era considerata una società segreta e con le minacce tentarono di bloccare le fiamme della rivolta. Il 31 agosto del 1919 fu proclamato uno sciopero dal segretario Giuseppe Rumore con l’intento di occupare i latifondi dei signororri della zona. La manifestazione, ricordata come “lo sciopero delle campagne prizzesi”, si concluse con un elettrico comizio dove il sindacalista arringò gli insorti. Questo “rumore” non piacque ai padroni e neppure a chi doveva mantenere l’ordine e, soprattutto, il silenzio. La notte del 22 settembre 1919 Giuseppe Rumore fu barbaramente ucciso davanti alla sua abitazione, sotto gli occhi della moglie e della figlia di quattro anni. Aveva appena 25 anni questo eroe dalla schiena dritta, quest’uomo che aveva combattuto l’alleanza tra i proprietari terrieri e la mafia, quest’uomo che aveva scoperto quanto paura ci fosse da parte di chi voleva mantenere il potere con l’ignoranza. Sono passati cento anni da quella brutta vicenda. A Palermo, a ricordare questo eroe lontano, soltanto una via. Rumore sfidò apertamente la mafia. Fu un “hombre vertical” ma, sorprattutto, fu un uomo davanti a dei “quaquaraquà” che lo uccisero in maniera vigliacca.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design