Il progetto della Rete ciclabile della Sardegna, presentato ad inizio settimana dagli assessori ai Lavori pubblici e al Turismo, sarà una delle tracce che resteranno di questa giunta regionale. Il recupero di ferrovie e strade dismesse per convertirle in un circuito da 2000 km, interamente pedalabile, sarà una formidabile arma per allungare le nostre striminzite stagioni turistiche, considerando che per il clima mite in Sardegna ci si può spostare in sella praticamente per tutto l’anno. È, inoltre, una dimostrazione di apertura al mondo: tanti paesi europei stanno investendo ingenti risorse sulle poste ciclabili, proprio perché la richiesta di un turismo slow, dai tempi più meditati, è in crescita costante. Chi conosce le località sciistiche sa bene che le piste innevate lasciano il posto, ai primi tepori, ai bike park, aree dove l’esploratore sul velocipede può sbizzarrirsi. Non è un investimento farlocco, quello della Rete ciclabile, dimostra al contrario una chiara visione politica, quantomeno in quel settore. Chi fa turismo in bicicletta ha quasi sempre molti soldi da spendere e vuole davvero conoscere i posti che visita: per questo sceglie di raggiungerli dedicandovi la sua fatica. È una filosofia di vita che si può comprendere solo se, per almeno una volta, ci si è cimentati in una simile avventura. La Sardegna è il luogo della vita di qualità, della natura rigogliosa: mettiamo in condizione chi vuole viverla nel profondo di potervisi immergere completamente. Ribadisco concetti già più volte espressi, ma sui quali è necessario tornare. Perché quelli che “ma con quei soldi non potevano fare altre strade anziché pensare alle biciclette?” sono già in agguato e il loro miope populismo va smontato con solide argomentazioni. Sono parte in causa, essendo presidente di un’associazione di cicloturismo. Ad aprile, per il quarto anno consecutivo, partirò da Arzachena per raggiungere in mountain bike Maracalagonis, attraversando Gallura, Goceano, Sinis, Sulcis e Campidano. Ogni volta, io e gli altri organizzatori ci siamo inventati itinerari nuovi, combattendo contro ostacoli – spesso concreti, fisici – che ci impedivano di attraversare quella località o di attraversarla in sicurezza, mancando i sentieri dedicati alle biciclette. Quando la rete ciclabile sarà completata, chi fa cicloturismo avrà i suoi spazi per andare da nord a sud e da est a ovest, combinando mille possibili opzioni sui duemila chilometri del suo sviluppo. Io, nei miei giri, racconterò o farò raccontare a chi pedalerà con me una storia per ogni paese che attraverseremo, perché il tour in bicicletta non è solo un esercizio fisico, ma anche un momento di conoscenza all’aria aperta. La Rete ciclabile è un’iniziativa molto positiva, anche se le belle notizie in questo periodo passano quasi inosservate: la bagarre da campagna elettorale è già iniziata e chi l’ha avviata ha tutto l’interesse a dire che la Sardegna è tutto un disastro e nulla funziona. Invece no.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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