E’ un mondo difficile per il sardo che va in continente, ma anche per il continentale che scende in Sardegna. Nel “lontano” 1976 ad una insegnante sarda, in Toscana, viene chiesto se in Sardegna ci siano le strade, le automobili e strabuzzano gli occhi increduli e se la ridono quando la maestra confida che per le vacanze di Natale è “scesa” in aereo, da Pisa. «Da Pisa? Ma cosa ci vuol raccontare? Guardi che sappiamo tutto! Mio padre ha detto che l’unico mezzo di trasporto in Sardegna è l’asino».. E poi c’è anche chi viene in Sardegna e cerca i boschi con gli alberi dei tappi di sughero, o quello che chiede se nella casa che ha appena preso in affitto per le vacanze ci sia l’acqua corrente (oh, con Abbanoa tutto è possibile!) e l’elettricità. Perché in mezzo a sessanta milioni di Italiani ce ne sono ancora tanti affascinati da quest’isola bella e ancora primitiva, ma spesso rappresentata come un luogo dove la civiltà non è ancora arrivata per intero, dove il cambio euro-lira sarda pare ancora conveniente e dove alla differenza di fuso orario ci si abitua in brevissimo tempo. E non hanno tutti i torti, però, perché alcune zone sperdute dell’interno, fino a poco tempo fa, erano completamente isolate rispetto alla vita che si svolgeva non solo nelle metropoli del continente, ma addirittura nelle cittadine dell’isola, paesini sperduti tra montagne neanche tanto elevate, un mondo agro-pastorale scandito dai ritmi di campanacci che suonavano monotoni dentro una natura incontaminata dove di tanto in tanto si incontravano i pastori. Bastava entrare in una caserma quando il servizio militare era obbligatorio per vedere quei ragazzi che vivevano in quei paesi, ragazzi che per la prima volta si allontanavano dal loro ambiente, dove le uniche frequentazioni erano, appunto, i pastori e le loro greggi, ragazzi che comunicavano solo in limba e che alla domanda «titolo di studio?» strabuzzavano gli occhi: «Ah»??? «Che scuola hai fatto»? «La seconda elementare»… «Guidi la macchina»? «Si». «Quando hai preso la patente»? «La patente? No, la patente non ce l’ho». «Allora non guidi la macchina». «Oja, già la guido la macchina, se no come faccio ad andare in campagna? con l’asino»? «E se ti fermano i carabinieri»? «Non ce n’è carabinieri in paese, e se vengono non vengono a controllare la patente a me o a tutti quelli che guidano in paese, che non ce l’ha nessuno. I carabinieri già lo sanno perché devono venire e già lo sappiamo noi quando vengono». O quell’altro che si presenta in infermeria tremante, febbricitante e col giubotto: «Asa, mi sento male». E l’asa gli porge il termometro. «E ite balla è»? «Un termometro». «Cosa»??? «Ter-mo-me-tro»!!! «E cosa devo fare»? «Te lo devi mettere sotto il braccio». E lui se lo mette sotto il braccio, ma sopra il giubotto… «Non così! Sotto il giubotto».. E se lo infila tra il giubotto e il maglione di lana. «Bene va»? «Già va bene, prendi questa pastiglia e stai a letto per due giorni».. Oppure quell’altro, con la faccia da ragazzino di un paese sperduto dell’Ogliastra: «Dottò, male sto, dammi qualche pastiglia». «Non sono dottore, sono asa, e non ti posso dare medicine se non te le ordina il tenente. Cos’hai»? «Dottò, c’ho un mal di gola che non ce la faccio a inghiottire nemmeno l’acqua».. «Ah, vabbè, prendi questo colluttorio» e come glielo dai si porta la bottiglietta alla bocca e se ne beve un bel sorso. E cosa fai se non chiedere: «Ebbè, come va»? «Meglio, asa»! «Bene, puoi andare. Se stai nuovamente male torna che magari il tenente ti da qualche altra medicina…»
Ecco anche questa era la Sardegna di pochi anni fa, e forse, da qualche parte, ancora oggi.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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