Nei convenevoli seguenti all’incontro letterario di Arzachena, venivo avvicinato da una tipica signora “smeraldina” del nord Italia, la quale, con molto tatto, mi manifestava la sua contrarietà al pezzo che avevo esposto. Mi diceva, tra le altre cose, che noi sardi non siamo consapevoli del fatto che la Sardegna è piccola, mentre ci sentiamo, come dire, un po’ ombelico del mondo. In realtà il mio pezzo partiva e arrivava in Sardegna, ma parlava anche della schiavitù in America, del colonialismo in Africa, e tante altre cose. Tuttavia, per quella bella filosofia orientale che sostiene che impara più un saggio da uno sciocco che viceversa, ho riflettuto su questa cosa. E’ vero che noi sardi siamo come dire, “sardocentrici”? Anche la signora supponeva, a dire il vero, i tanti torti subiti dai sardi. Ma sono sufficienti per renderci così, almeno in apparenza, autoreferenziali? Prendiamo il caso delle servitù militari, che in Sardegna esplode periodicamente. La strage di popolazione inerme in Palestina ad opera di uno storico alleato della Nato, il protrarsi della sanguinosa guerra civile in Siria, la nascita di questo formazione di predoni fondamentalisti in Iraq e, soprattutto, la crisi ucraina, hanno più volte posto il mondo di fronte ad un concreto rischio di guerra mondiale, con la Nato che, specie di fronte all’orso russo, ha manifestato aperte minacce ed ostilità, che per il momento si sono tramutate solo su un piano commerciale, ma con danni sensibili per l’economia di tutti. Quindi, sotto questa ottica, pensare di andare a manifestare il nostro disappunto perché la Nato si predispone ad un eventuale conflitto mondiale nei nostri poligoni, potrebbe risultare ridicolo. Figurarsi se alla Nato gliene può fregare qualcosa dei nostri ragli d’asino. La Sardegna è una area militare strategica troppo importante, nel bel mezzo del “caldo” Mediterraneo. Eppoi è il posto ideale, a quanto pare, per farci dei bei poligoni. Poligoni che, ho dimostrato ampiamente in un altro articolo, hanno portato, oltre al grave inquinamento, anche il totale mancato sviluppo dei comuni ospitanti. Però: siamo talmente piccoli ed insignificanti che le esercitazioni di mezza alleanza atlantica vengono a farle in Sardegna. Siamo tanto piccoli e insignificanti che, nel recente passato, Berlusconi ha rifilato tanti di quei sonori ceffoni, al governatore amico, messo da lui stesso, a partire dal mancato G8, dai fondi FAS, per finire con l’umiliazione cocente della sparizione dei soldi promessi dal governo precedente per la vertenza delle entrate. Soldi spariti nel nulla in attesa di un giudizio in corso. La Sardegna è talmente piccola e insignificante che continua a ricevere sberle. Magari l’attuale governatore, Pigliaru, ha paura di prendere altre sberle e di non ottenere quel poco che questo governo, a quanto pare, ha promesso con la rimodulazione del patto di stabilità, e quindi si incazza, fa la faccia dura, ma non troppo, che non si sa mai. Le sberle fanno male. I torti subiti. Vogliamo parlare del caro traghetti? Di quel trust fatto da compagnie marittime che hanno portato a speculare vergognosamente sull’economia di una intera regione, senza che nessuno facesse nulla? O vogliamo malignare dei finanziamenti che dalle compagnie finivano in certe fondazioni di politici governativi? O vogliamo dire che la sanzione che alla fine, dopo due anni, gli è stata inflitta, alle compagnie marittime, è nettamente inferiore al guadagno ottenuto con il sovrapprezzo? L’economia di una intera regione, barattata con una mera speculazione. Una storia infinita. Non per nulla ci sto scrivendo un intero libro. Quante autostrade ci sono in Sardegna, quante ferrovie elettrificate? Zero. Se volete ve lo scrivo anche in numero. 0. No mia cara signora, non siamo autoreferenziali, almeno non più di quello che procura un fisiologico isolamento. Anzi, forse è giunto il momento di non vergognarsi più, e di non avere più paura di prendere sberle. Forse è giunto il momento di aprire, a livello politico ma non solo, una grande vertenza sulle servitù militari, congiunta alla riapertura delle vertenza delle entrate, che quel ceffone non lo abbiamo ancora digerito. Mi rendo conto che la situazione economica del paese non è delle più rosee. Non siamo così autoreferenziali da non capirlo. Ma non si tratta di soldi buttati, si tratta di soldi investiti, fino a prova contraria, in Italia. La TAV, il MOSE, l’EXPO, sono tutte sigle che indicano, nel loro essere maiuscole, una cosa sola: che i grandi investimenti, nonostante quello che dicono il leghisti, lo Stato li fa nel Nord Italia. Che poi non si accontentano e ci mangiano pure il loro extra. E piangono, piangono e fottono. Ecco, stavolta un grande investimento, una bella opera di bonifica per recuperare territorio di grande valore, che lo si faccia in Sardegna e si metta a lavorare i disoccupati creati dalla scellerata politica industriale. Che se la Sardegna è italiana quando fa comodo come sgabuzzino dove metterci gli ingombri, che lo sia anche per fare un grande investimento riparatore. Io credo che su questi temi si debba andare ad oltranza e non accontentarsi delle briciole. Guardate, non abbiamo niente da perdere. Ceffone più, ceffone meno, tanto vale andare avanti. Andare avanti con tutti i mezzi possibili immaginabili, dalla protesta politica, a quella civile e popolare, al contenzioso legale e persino giudiziario in tutte le corti e i tribunali d’Italia e d’Europa. No mia cara signora, non siamo megalomani. Se alla Sardegna dovessero riconoscere quello che gli spetta, sarebbe ben felice di essere piccola, piccolissima, di scomparire dagli schermi dei radar, e di essere goduta da chi ci abita, dai sardi e da chi viene in pace.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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