Guarda te che buche, protesta l’autista. Ha voglia di chiacchierare un po’, durante la noiosa spola tra l’aeroporto e Pavia, dove gli amici del Circolo dei Sardi mi attendono per la presentazione del mio libro. Mi guarda dallo specchietto, vede che sono presente e partecipo alle sue esclamazioni. Le buche ci stanno davvero, però. Eh, faccio io, ha piovuto tanto. Rinfrancato dalla mia partecipazione, rimbrotta: io non so di dove è lei, ma questa è una delle zone più ricche d’Europa…. eppure le strade sono così! Mi immagino allora dalle altre parti, chissà come saranno. Il paesaggio, dal finestrino, scorre monotono. L’orizzonte è soffocato dalla bruma. Dai chiedimi di dove sono, autista curioso. Lei è di queste parti? A me fa sempre piacere dire che vengo dalla Sardegna, il posto più lontano che c’è per un italiano. Anche se, in realtà, sono nato a pochi chilometri da Pavia. No, vengo dalla Sardegna. L’autista alla parola Sardegna si illumina, come se avesse sentito parlare la Madonna. La Sardegna! Esclama, la Sardegna! Capita che appena nomini la Sardegna, ci sono continentali che si illuminano. Diventa poi un rito il racconto del loro personale legame con l’isola. In genere ci sono stati per le vacanze, o per qualche viaggio di lavoro, e spesso sono legati da qualcuno in particolare. Nel caso dell’autista, una cognata, sposata con il fratello, originaria dell’oristanese. L’autista è un fiume in piena, e mi parla di un’isola mitica. Tra i flutti tempestosi del fiume in piena, ricordo di un discorso sulla bottarga che quando si mette sulla pasta non ci vuole nient’altro, e sui tappeti di Mogoro, che ne ha uno in casa, fatto da una signora a mano, che quando ci mette i piedi sopra gli pare di stare in paradiso. Il tenore del fiume in piena, per tutto il viaggio è, insomma, quello. Un po’ ci ho fatto l’abitudine, venendo in Italia, a questa manifestazione di meraviglia perpetua per l’isola, eletta a luogo di eccellente qualità della vita. Non mi meraviglia, perché da figlio di un milanese che si è trasferito in Sardegna per scelta, lo trovo normale. Naturalmente ci sono quelli, tra i continentali, convinti che ancora viviamo tra le pecore o nelle caverne. Diciamo che gli italiani in questo si dividono, esattamente come ci dividiamo noi sardi. Anche tra noi sardi ci sono quelli che pensano di essere in un isola arretrata, dove la storia si è fermata, un’isola di sconfitti perenni, dominati, e di una povertà assoluta, la più inquinata del pianeta, dove regna l’individualismo e l’incapacità imprenditoriale; e poi ci sono quelli che la Sardegna è la terra che più bella non ce n’è, e che pensano che si mangi bene e che ci siano posti belli solo nell’isola. Curioso che, in fin dei conti, la prospettiva esterna e quelle interna si uniscano. In fin dei conti, la percezione che abbiamo delle cose che ci circondano è psicologica e binaria: bello o brutto, qualità della vita contro sviluppo economico, chi la vede cotta e chi la vede cruda. In pratica, nella psicologia, non è altro che il classico complesso, in questo caso collettivo, che può essere o di inferiorità, o di superiorità. Per chi sta in Sardegna. Per chi sta fuori, credo che sia solo o bisogno di sentirsi meglio, perché credersi più ricchi e sviluppati di chi abita altrove è consolatorio di una vita stressante, frustrante e frenetica; oppure, come nel caso del nostro autista, l’idea che, dietro casa, esista ancora un mondo di valori umani, colori variopinti e sapori autentici, rende l’idea di una speranza, di un luogo dove potersi rigenerare all’occorrenza. La Sardegna è, forse, una consolazione per i cuori travolti dalla modernità.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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