di Fiorenzo Caterini
Ho sempre sostenuto che la Sardegna dovesse puntare sulle proprie vocazioni tradizionali e naturali, sulla cultura, sul turismo, sull’agro-alimentare, sul paesaggio e sull’ambiente.
Ma vedo che tutto ciò non è possibile. I sardi ormai sono stati deformati dall’idea che devono per forza dipendere da altri per risolvere i loro problemi, che si debbano affidare a modelli di sviluppo importati per crescere.
Per cui, imbevuti di retorica anti-italiana, abbiamo deciso di cambiare padrone. Da uno in crisi, in declino, ad uno più ricco, che ci offra una pappa più consistente.
Naturalmente, il presupposto fondamentale è la convinzione che solo l’Italia, nel mondo, sia un paese coloniale, e che invece tutti gli altri paesi siano dispensatori di fratellanza umanitaria. Convinzione, questa, frutto di una attenta conoscenza della storia e della geografia umana.
La proposta che sottopongo alla vostra attenzione, inizialmente, potrà sembrare bizzarra, ma poi converrete anche voi che invece è assolutamente la più logica e opportuna, tanto da sbaragliare il campo dei concorrenti.
La Sardegna come emirato confederato con il Qatar. L’Emirato Mediterraneo.
Molto brevemente, spiego perché, diventando un emirato del Qatar, i vantaggi sarebbero nettamente superiori a qualunque altra affiliazione a qualunque altro paese del mondo.
Se proprio dobbiamo essere succubi della ricchezza, se proprio dobbiamo venderci, almeno vendiamoci al migliore offerente.
E il miglior offerente, non c’è dubbio, è il Qatar.
Tanto per cominciare, il Qatar è il paese più ricco del mondo, avendo superato il Lussemburgo, ormai, nella classifica per il reddito pro capite nominale; poi seguono, a distanza, la Norvegia e la Svizzera. Tutti paesi che sono grandi produttori di petrolio, il Qatar e la Norvegia, oppure paradisi fiscali, i restanti due, il Lussemburgo e la Svizzera. Il Qatar è una piccola penisola che galleggia sopra una bolla di metano e di petrolio. E ora ha un piano di investimenti molto serio in Europa.
Partiamo da un dato storico: gli arabi in Sardegna hanno una storia di lunga amicizia e di fruttuosi investimenti. La Costa Smeralda è stata fondata da un arabo, l’Aga Khan, che ha avviato anche la seconda più importante impresa sarda dopo la Saras, Meridiana. E così via.
Gli arabi, in Sardegna, sono stati pionieri del turismo, hanno fatto volare gli aerei, hanno riqualificato gli ospedali, come la vicenda del salvataggio della clinica fallita di Don Verzè a Olbia dimostra.
Ora, i soliti cercatori di peli nell’uovo, sosterranno che la Costa Smeralda non è tutta rosa e fiori, che le travagliate vicende di Meridiana le conosciamo tutti, e che anche l’operazione dell’ospedale Mater Olbia è piena di ombre.
Bene, andiamo allora e vedere cosa hanno fatto gli altri investitori in Sardegna, così facciamo un bel paragone.
Volete diventare il 51° stato? Una seconda Portorico? Gli americani sono stati i principali protagonisti della trasformazione dell’isola in terra per le esercitazioni militari. O credete che la Fondazione Rockefeller, in Sardegna, ci sia venuta così, per beneficenza, a bonificare l’isola dalle zanzare malariche? Lo scopo era quello di trasformare l’isola nella piattaforma militare del Mediterraneo, tanto che, per non sbagliarsi, oltre che le servitù militari della Nato, ci sono venuti in persona con la Base Militare di Santo Stefano a La Maddalena. Per non parlare di quando si sono occupati di industrie, dell’Alcoa e dei fanghi rossi tossici che ancora sono in balia del vento di scirocco.
Sui tedeschi dell’E.On stendiamo un velo di orimulsion pietoso sulle nostre coste, senza aggiungere altro.
E gli svizzeri? cosa hanno fatto gli svizzeri in Sardegna?
In Sardegna la svizzera Glencore, una delle più grandi multinazionali del settore, ha rilevato la Portovesme srl con lo scopo di gestire i fumi di acciaieria e di fare quello che è sotto gli occhi di tutti, ovvero una gigantesca discarica di sostanze tossiche, un mostro enorme che anello dopo anello sembra volersi mangiare l’intero Sulcis Iglesiente.
Scusate, ma se proprio mi devo prostituire, scegliendo tra una discarica ed un ospedale, scelgo l’ospedale.
E se mi devo far inquinare, almeno mi creo una filiera vantaggiosa con il petrolio e il metano del Qatar e le nostre raffinerie e centrali termoelettriche, con vantaggi economici rilevanti.
Giusto per dire che anche il Qatar ne avrebbe un bel vantaggio. Loro hanno il petrolio, noi le raffinerie. Filiera completa, diventiamo una potenza.
Si dirà che fonderci con il Qatar è un salto culturale e religioso difficile da superare, oltre a scrupoli di ragioni etiche che ci si potrebbe porre.
Ci pensate, la Sardegna senza porcetto, birra Ichnusa e fil’e ferru?
Pregiudizi. Il Qatar è terra aperta a tutte le culture, basta pensare che a Doha, la modernissima capitale, esistono chiese di tutte le confessioni religiose, ivi quelle cristiane.
Si dice che il Qatar, paese di confessione islamica, forse, sostenga il terrorismo, sostenga i Fratelli Mussulmani, i fondamentalisti, che la condizione della donna non è delle migliori, e che i lavoratori immigrati, lo vediamo nelle opere in corso per i mondiali di calcio, non sono tenuti nelle condizioni migliori.
Ma veramente, noi occidentali, possiamo giudicare l’etica di un’altra nazione, di una nazione piccola come il Qatar?
Ma ne vogliamo parlare?
E’ noto, tanto per incominciare, che i più grandi finanziatori del terrorismo mondiale siano gli occidentali stessi, che usano il terrorismo per spostare gli equilibri dei paesi del terzo mondo e in particolare dei paesi del Medio Oriente a piacimento.
Ma queste sono cose ormai talmente note che appare superfluo parlarne. L’elenco è talmente lungo da essere infinito. Informatevi, se ancora non lo siete.
Così come vi dovreste informare, se ancora non lo siete, sul destino di quei paesi africani dove vengono imposti con le armi dei governi fantoccio per consentire agli occidentali di depredare le loro risorse. I sistemi post-coloniali di depredazione delle risorse di quei paesi, da parte dei paesi occidentali, è ignoto ormai solo agli ignoranti e agli irriducibili faziosi.
Tuttavia, tra queste tantissime orribili storie, è impossibile, in particolare, dimenticarne una, ovvero quello che fece la più grande multinazionale del settore alimentare del mondo, la svizzera Nestlè, promuovendo con politiche molto aggressive il latte in polvere al posto dell’allattamento in diversi paesi africani, provocando, secondo affidabili associazioni internazionali, una strage di bambini difficilmente quantificabile, ma certamente nell’ordine di una ecatombe.
Noi occidentali siamo gli ultimi a poter fare la morale a chicchessia, abbiamo una storia crudele di abusi, violenze inaudite, sfruttamento in giro per il mondo, altro che democrazia.
Quindi, sul piano etico, il Qatar sarebbe il male minore.
E tuttavia, non vorrei essere frainteso. La Svizzera, gli Usa, i paesi europei, sono tutti paesi civili, democratici e rispettabili. Fanno parte però di un sistema mondo dove le aree geografiche più ricche e forti sfruttano inevitabilmente quelle più deboli.
Questo è il mondo che abbiamo costruito, un mondo basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente.
Ecco perché qualunque affiliazione, inevitabilmente, porterà ad un meccanismo di sfruttamento e di rapina delle risorse. O pensate che gli svizzeri siano cosi scemi da dividere con noi le loro ricchezze accumulate con tanto rischio e tanta vergogna, l’oro dei nazisti, o i proventi del riciclo del denaro sporco, o i soldi che gli industriali italiani hanno derubato ai loro operai? Ricordate l’ineffabile Rovelli, quello che fece man bassa dei fondi del Piano di Rinascita, soldi nostri, soldi dei sardi, sapete dove andò a rifugiarsi con il nostro malloppo? Indovinato! In Svizzera!
Per il Qatar e gli altri paesi arabi il discorso è diverso, e parte anche da considerazioni di natura geopolitica. Essi investono in Occidente anche per non fare la fine della Libia o della Siria.
Il Qatar ha necessità, come dire, di diventare “amica” dell’Occidente. E con l’uomo bianco, si sa, si diventa amici solo condividendo affari.
Paesi come la Svizzera, rifugio dei capitali del mondo, o l’Arabia Saudita, il paese più fondamentalista che esista al mondo ma amico dell’Occidente, insegnano.
Puoi essere il peggior paese della terra, ma se i tuoi soldi li spartisci con i potenti del mondo, nessuno ti farà nulla.
Certo, si dice anche che il Qatar investa in Sardegna per fare speculazione edilizia nelle coste. Chiaro, non sono mammole benefattrici, sono affaristi. E tuttavia, per gente che si sta comprando il centro di Milano e di Londra, non è che importi tanto costruire 4 alberghi in Sardegna, dove le leggi poi sono particolarmente severe e occorre un sacco di tempo per cambiarle. Non è che abbiano tutto questo tempo da perdere, e non è che esista solo la Sardegna.
Si dirà, inoltre, che la ricchezza e la potenza economica del Qatar dipenda esclusivamente dalla fortuna mineraria, senza altri meriti.
Strano, però, che lo stesso non si dica della Norvegia, di cui si decantano chissà quali capacità amministrative e che invece, molto più semplicemente, è il quinto esportatore di petrolio del mondo.
Il Qatar, dunque, è solo ricco senz’altro? No.
Il Qatar, piccolo paese di due milioni di abitanti, esteso meno della metà della Sardegna, è in grado di organizzare i mondiali di calcio, il che dimostra, al di là delle polemiche, una eccezionale capacità organizzativa per un paese così piccolo. Così come organizza gare di ciclismo professionistico, i mondiali di atletica, il motomondiale, notevoli manifestazioni culturali ed è sede persino dell’annuale summit mondiale per l’educazione giovanile. Sulle capacità imprenditoriali ed organizzative del Qatar non ci piove.
Altro che Svizzera, altro che Norvegia, che vivono di rendita e non organizzano neppure i mondiali di freccette.
Insomma, se ancora non abbiamo capito che è forse proprio questa mania di scopiazzare modelli di sviluppo di paesi più ricchi che ci ha procurato sempre una montagna di guai, allora, tanto vale, fare la scelta migliore. Se proprio dobbiamo legarci ad un paese straniero, il Qatar, per ragioni economiche, storiche e persino etiche rappresenterebbe senza ombra di dubbio la soluzione migliore.
Del resto, anni fa, correva l’anno 1847, ci abbiamo già provato, per nostra scelta, a diventare un’altra cosa, unendoci ad un paese più ricco e prosperoso del nostro. Forse ce lo siamo dimenticato.
E si sa come andò a finire.
Ma i sardi, com’è noto, li freghi una volta sola.
Per cui, viva il Qatar, viva l’Emirato Mediterraneo.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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