Leggo sui social e nelle testate online i commenti alla vicenda della madre che ha abbandonato nel passeggino alla stazione Termini il figlio di sette mesi. La stragrande maggioranza sono di una condanna feroce o quanto meno sussiegosa: appartiene a un’altra razza, noi non faremmo mai roba così. Pietà e desiderio di capire ne ho visto pochi. Penso all’abbandono dei neonati nell’Ottocento, alla Londra vittoriana di Dickens. Negli anni scorsi, in alcune ricerche su altre faccende, ho appreso che i vari giornali stampati a Sassari nella seconda metà del XIX secolo davano grande risalto a questo fenomeno. Nei quotidiani c’era addirittura un sorta di bollettino giornaliero. I bambini venivano abbandonati davanti alle chiese, all’ospedale o nelle residue “ruote” deputate. Gli accenti di critica nei confronti della madre (si dava per scontato che a compiere l’atto dell’abbandono fosse sempre una donna) comparivano soltanto quando il neonato veniva lasciato in luoghi non istituzionali e quindi in qualche modo attrezzati al soccorso immediato, dove dunque il piccolo correva tutti i rischi dell’abbandono: dall’assideramento all’aggressione da parte di cani randagi o ratti. Uno di questi luoghi, durato in questo uso sino alla grande crisi degli anni Ottanta dell’Ottocento, fu una loggia, vestigio dei vecchi porticati, sopravvissuta al Corso all’angolo con via Canopolo, proprio nel luogo dove sino a pochi anni fa c’era la rivendita di dolci Unica. Qui i neonati venivano lasciati la notte sotto il precario riparo del porticato nella speranza che alle prime luci dell’alba i primi passanti del trafficato Corso udissero il pianto. Voglio però osservare che in quei giornali, nonostante i tempi e la cultura di quei tempi fossero molto più spietati, nonostante vivessero ancora persone che avevano assistito a esecuzioni pubbliche di condanne a morte, nonostante vi fossero norme che formalizzavano la formazione della classe dirigente in base al censo e non ai meriti, nonostante la Chiesa fosse più vicina ai persecutori di Giordano Bruno che all’apostolo che l’aveva fondata, nonostante questo, in quegli articoli di giornali dell’Ottocento c’era molta più pietà e voglia di capire che nei commenti dei social di questo nostro medioevo.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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