Qualche giorno fa sono stato ad ascoltare il faccendiere Luigi Bisignani dissertare di politica in occasione della presentazione del suo ultimo libro “I potenti al tempo di Renzi”. Presentazione alla quale, detto per inciso, non ho visto l’ombra di un politico locale, forse perché non ce sono proprio più in giro. Comunque, tra un aneddoto e l’altro, l’ex segretario tuttofare di Andreotti ha parlato anche della guerra tra Renzi e D’Alema. Dopo aver etichettato come un “autentico capolavoro” l’operazione di rottamazione della storica nomenklatura del Pd (“che era una cosa seria davvero”) Bisignani ha però detto che, a suo modo di vedere, Renzi ha sbagliato a scaricare D’Alema anziché servirsi delle sue indiscusse qualità in funzione della politica estera, settore in cui, com’è noto, le nostre quotazioni sono in caduta libera da diversi anni. Invece, Renzi ha deciso di fare di testa sua, sfidando il “lider Massimo” sul suo stesso terreno, quello della presunzione.
Oggi che Renzi, con la vittoria del “no” al referendum greco, incassa un’altra, severa mazzata dopo quella del voto alle regionali, ecco il baffino infilare prontamente il fioretto nella ferita. In un’intervista al Corriere della sera, divenuta virale, D’Alema spiega al volgo, con la solita aria di fastidio misto a pena rivolta all’intervistatore di turno, come la Germania e la Francia si siano arricchite con il debito greco attraverso le banche. Cose risapute ma infarcite di quella spinta ideologica che non fa più parte del Pd versione Renzi. E l’effetto è stato dirompente. Che ci sia ancora qualcuno, lassù nei piani alti, che pensa e dice cose di sinistra senza citare per forza Tsipras? Pare di si.
E’ utile, comunque, provare a ricomporre i pezzi di un mosaico politico sempre più complesso e confuso. Il nostro Pd di lotta e di governo in parte piange e in parte ride sotto i baffi, quelli di D’Alema; la Lega ruspante esulta senza scomporsi, tanto per tenere le giuste distanze dalla sinistra che ancora si rifiuta di chiudere le frontiere ai migranti; Grillo se la gode; la sinistra radicale italiana guarda con invidia e ammirazione quella greca (e chi l’avrebbe mai detto qualche anno fa?); nella strana alleanza dei soddisfatti c’è persino Forza Italia, anche se Berlusconi tiene a precisare di non essere un tifoso di Tsipras. Insomma, è una vittoria che fa comodo a tanti, a dimostrazione che l’opportunismo è dote assai diffusa.
Mi sembra che, al di là del risultato referendario, la questione sia tutt’altro che chiusa. E che certi trionfalismi siano quantomeno azzardati. La tragedia greca non è ancora giunta all’ultimo atto.
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