Il senso civico è fatto anche di rispetto delle regole comuni. Eppure basta girare per le strade per accorgersi di quanto il nostro paese ne sia allergico. Peccato che, a questa allergia generalizzata, faccia da contraltare uno spirito ipercritico nei confronti di qualsiasi istituzione, a tutti i livelli, sulla quale viene spesso scaricata la responsabilità del caos che noi stessi generiamo e nel quale, evidentemente, siamo soliti incanalare le quotidiane gesta.
Giorni fa discutevo con un commerciante del centro storico della mia città dove, da qualche settimana, è in vigore la zona a traffico limitato; non si transita in automobile dalle 17 in poi. Il problema vero, mi è stato spiegato, è il cliente, il cittadino. Quelli disposti a raggiungere uno dei tanti parcheggi a ridosso del centro e percorrere a piedi qualche decina di metri sono ormai in via di estinzione. L’auto deve essere parcheggiata davanti all’ingresso del negozio, in alternativa ci si dirige verso uno dei grandi centri commerciali, le nuove piazze dei nostri tempi dove si aggirano con aria annoiata giovani e meno giovani e famiglie in trasferta premio.
Siamo pronti a indignarci, nell’era della sguaiataggine sfrenata, contro i mali del paese ma siamo gli stessi che, all’ora di uscita dei bambini dalle scuole, intasiamo le strade ammassando la ferraglia davanti agli ingressi per evitare di fare due passi. E pazienza se viene occupato lo spazio riservato alle fermate del bus, lo stallo dei disabili, il passo carrabile del vicino. Come un branco di elefanti meccanici, vomitiamo idrocarburi in faccia ai bambini e costringiamo gli altri ad attendere perché così fan tutti e allora lo faccio pure io. Non si potrebbe fare ma il malvezzo è tollerato, i vigili non ci sono mai quando servono e quindi godiamoci lo spettacolo di un parcheggio a due piani semivuoto, a cinquanta metri dalla scuola in questione, assediata da automobili fumanti abitate da genitori incazzati e sempre di fretta, ormai abituati al caos organizzato e pronti a mandare affanculo il tizio che parcheggia in doppia fila o sulle strisce pedonali per comprare le sigarette.
“Tanto ci metto un attimo”. Come la simpatica signorina che, qualche giorno, fa ha ritenuto legittimo parcheggiare la sua utilitaria trasversalmente rispetto ai parcheggi e impedire l’accesso a qualsiasi altra auto perché “tanto ci metto un attimo”. E che vuoi che sia? Ci metto un attimo per fare la spesa, raggiungere il bancomat, comprare le sigarette, spedire una raccomandata, andare al ristorante.
Qualche domenica fa ho assistito a una scena tragicomica. Un uomo di mezza età discuteva animatamente con un giovane nei pressi dello stadio. Gli spiegava che da ore attendeva di capire chi fosse l’imbecille che aveva parcheggiato in doppia fila, costringendolo a restare al palo. Il responsabile era andato beatamente a vedere la partita. E confesso, stavolta mi è scappato da ridere.
Questo insano disprezzo delle regole può essere verificato anche in altri ambiti. Lo smaltimento dei rifiuti, ad esempio, presenta fenomeni imbarazzanti (in particolare per la diffusione) come i lanciatori professionisti di monnezza capaci di centrare qualsiasi cunetta con l’auto in corsa, di inquinare allegramente spiagge e campagne, strade di periferia e angoli urbani poco presidiati. Empiricamente verificabile, senza bisogno di statistiche.
“Maleducati!” “Guardi, con tutto il rispetto, ma a noi, quanto a educazione, non ce la mette in culo nessuno”.
L’assenza di senso civico produce degrado. Per citare Montanelli: “Anche quando avremo messo a posto tutte le regole, ne mancherà sempre una: quella che, dall’interno della sua coscienza, fa obbligo a ogni cittadino di regolarsi secondo le regole”.
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