I colori di Betlemme sono forti e dolci. Intensi. In quella salita davanti alla chiesa della natività si mischiano le voci e gli occhi dei palestinesi. Lontano, poco lontano, quel muro che divide. La guerra, si sa, non ama il confronto. Preferisce dividere e nascondere le parole. Però i fiori di Betlemme fuoriescono da quell’acquario solitario e raccontano, con i gesti, che gli uomini hanno sempre una risposta diversa al freddo ferro delle armi. Hanan Al Hroub, 43 anni, giovane palestinese nata e cresciuta nel campo di Betlemme, ha vinto il Premio Nobel per il miglior professore 2016, assegnato dalla Fondazione Varkey durante il global forum per l’educazione che si è svolto recentemente a Dubai. “Dobbiamo insegnare ai nostri bambini che le nostre uniche armi sono il sapere e l’educazione”. Queste le parole di una donna con la freschezza e i colori di Betlemme, con un marito ferito dai soldati israeliani sotto gli occhi dei figli. Quello che pareva il punto di non ritorno, la possibilità di dover costruire odio e sconforto, è diventata la soluzione. I suoi figli, dopo aver vissuto quell’orrore, non riuscivano più a studiare. Lei si è allora trasformata in un insegnante. A casa ha messo a punto un sistema che ora applica nelle scuole del campo. Un sistema costruito tra il gioco, la fiducia, la collaborazione e il rispetto, che ha portato ad abbassare la tensione nelle classi e migliorare i risultati scolastici. Non basta. Oggi l’insegnante Hanan è convinta che l’istruzione aiuterà i palestinesi a “riprenderci la nostra terra, che ci hanno tolto perché eravamo ignoranti”. Per un attimo, sono ritornato a quella piazza enorme che porta al suk di Betlemme, a quei vestiti, a quei colori, a quel muro lontano. Per un attimo ho compreso che se qualcuno, con forza e con vigore è voluto nascere da queste parti, forse aveva un senso. Quel senso di vita e di speranza lo ha regalato Hanan, la migliore professoressa di questo mondo. Contro qualsiasi muro che continua a camminare tra i confini di questa città. Ma Hanan quel muro non lo vede, ha la forza delle parole nelle sue tasche. Ed è un buon inizio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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