Sino al 3 giugno 1956 le classi ferroviarie erano cose serie ed erano tre, come nella canzone di Francesco De Gregori “Titanic”: La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento. Fino al 3 giugno 1956 – e, quindi, solo sino a 66 anni fa, neppure un secolo – il mondo delle ferrovie era diviso in tre classi. Poi, almeno in Europa, le classi diventarono due. Ho conosciuto, ovviamente, solo la prima e la seconda classe. L’ho conosciuta sia nelle navi che nei treni e qualcosa la ricordo di chi era costretto – come me e tanti altri – a viaggiare in seconda classe (quella da cento lire rispetto alle mille della prima). Erano gli anni in cui l’aereo aveva un prezzo piuttosto alto e le nostre scorribande “in continente” erano in un viaggio in seconda classe nella nave obbligatoriamente “Tirrenia”. Il mio viaggio per effettuare il concorso per quello che sarebbe poi stato il mio mestiere per molti anni – l’educatore in carcere – lo feci nel 1979 a bordo della Motonave “Carducci”. Era un giorno di Marzo, prima di pasqua, il tempo era incerto e la mia cabina di “seconda classe” era da dividere con altre tre persone. Non so se a qualcuno di voi sia capitata questa curiosa esperienza (presumo di si) ma si arrivava in cabina (metti la 545 otto piani sotto) e la trovavi aperta. Ti guardavi intorno e solitamente non c’era nessuno delle tre persone che avrebbero diviso con te quella nottata e da un lato pensavi che, magari, saresti rimasto solo ma era un’idea che non andava troppo lontano perché eri certo che quei posti qualcuno li avrebbe occupati. La nave partiva alle 22.00 da Olbia (avevo addosso anche le quattro ore di treno da Alghero all’isola bianca) e dopo essere stato a ciondolare nel bar e verificato che l’assunzione di birra per gli astanti era piuttosto alta, decidevo di recarmi in cabina. La numero 545 era chiusa a chiave. Dovevi bussare e qualcuno ti apriva brontolando, non riuscendo a comprendere che non tutti gli ospiti si trovavano già all’interno della minuscola stanza. Scorgevi le tendine ondulanti e sporche completamente tirate Per nascondere il lettino e le immaginavi occupate da chissà chi. Difficilmente riuscivi a comprendere chi fossero gli avventori però c’era chi teneva la lucetta accesa (anche io la utilizzavo per leggere) chi si muoveva rumorosamente, chi russava e chi parlava nel sonno. Il viaggio in seconda classe era sempre qualcosa di “avventuroso”. Incontrai sempre persone incredibili: dal prete che doveva recarsi in un lontano pellegrinaggio, all’esattore in missione all’estero; dal poliziotto che dimenticò la sua pistola sul letto, all’anziano signore che barattava con me la cuccetta in basso perché non riusciva ad utilizzare le scale. Era un immaginario fluido, denso di piccole storie, ognuno aveva in tasca il suo destino e sperava di giungere a Civitavecchia il prima possibile. Immaginavo, in quella notte quasi insonne, di riuscire a vincere il concorso per poter viaggiare, un giorno, in una cabina di prima classe, da solo o in dolcissima compagnia visto che, ovviamente, quelle in seconda erano divise per sesso. Il concorso lo vinsi ma dal 1984 si cominciò ad utilizzare l’aereo e solo le prime tre file (con relativa tendina) erano destinate alla business-class che non utilizzai mai. Altri tempi direte voi. Oggi nei treni non c’è più la prima classe, tranne che nell’alta velocità dove esiste la business class (fa più figo). L’ultima volta in cui son salito su una nave era tutto cambiato. Nelle cabine c’erano solo due letti e potevi affittarle in esclusiva con un piccolo supplemento. Così l’avventura dell’ignoto non esiste più. Forse, parafrasando De Gregori, non c’è più la classe che costa “dolore e spavento” e forse neppure quella che ti vendevano a cento lire. Siamo tutti convinti di viaggiare in prima classe e per quanto riguarda il prezzo è commisurato al censo. Sulla qualità nutro invece qualche ragionevole dubbio.
La canzone di oggi è “titanic”, di Francesco De Gregori.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design