Una volta le previsioni del tempo televisive erano una sorta di rassicurante rito familiare serale. Sole e pioggia si alternavano nella ritualità come in quella cordialità tra persone che invita alla confidenza parlando, per prima cosa, del tempo, che ci riguarda tutti e, in certo senso, unisce.
Oggi invece le previsioni del tempo sono diventate angoscianti, e prevengono una sorta di bollettino di guerra con morti, feriti, dispersi e danni incalcolabili.
Allagamenti che non hanno risparmiato paesi, campagne, città e le metropoli come Roma e Milano.
L’anno scorso, a proposito dell’alluvione di Olbia, fui facile profeta. Dissi che sarebbe stato sempre peggio, perché si incrociavano due fattori che moltiplicavano esponenzialmente i loro effetti.
La saturazione dell’uso del territorio con i cambiamenti climatici.
Sui cambiamenti climatici ormai, dopo lo scetticismo iniziale, le prove di innalzamento della temperatura, dovuto a fattori antropici, sono inconfutabili. Ciò provoca, nel nostro clima mediterraneo, una sorta di virata verso la tropicalizzazione, con temporali più intensi, brevi e localizzati. Le cosiddette bombe d’acqua, per usare il termine giornalistico ormai di moda.
Queste piogge intense ed improvvise si scaricano in ambiti di forte antropizzazione, spesso costruiti senza nessun rispetto per le geologia del territorio, altre volte pensate per restare al limite, sul “filo del rasoio” del rischio.
Un rischio calcolato secondo i parametri del passato.
In Italia, sul versante edilizio, è mancata la programmazione. E questo è notorio.
Un edificio solo può esser costruito in sicurezza, ma è l’insieme degli edifici in un dato territorio che ne provoca il dissesto. Un edificio può essere sicuro ma provocare problemi a quello che sta sotto.
Ma l’improvvisazione, in Italia, l’ha sempre fatta da padrona.
Dal 1985, con cadenza pressappoco decennale, sono stati emessi ben tre condoni edilizi e, dato che la scadenza è vicina, è in discussione il quarto.
Questi condoni, fatti con lo scopo di racimolare un po’ di soldi per le casse dello Stato, in realtà poi si rivelano controproducenti, disastrosi proprio per le finanze. Basti pensare che, solo in Liguria, queste piogge hanno provocato un miliardo di danni. La stessa Olbia, costruita nell’anarchia urbanistica e nei condoni diffusi, per essere messa in sicurezza necessita oggi di lavori per diverse centinaia di milioni di euro.
Inutile dire che, dal punto di vista della propaganda, i condoni rendono. Essi creano una sorta di patto scabroso tra politico ed elettore, con il risultato che chi propone il condono passa per un benefattore e acquisisce popolarità.
Il caso scandaloso dell’ex Presidente del Consiglio Berlusconi che, coinvolto in un caso di abuso edilizio nella sua residenza estiva sarda, si rese poi promotore di un condono che lo sanava, è il più clamoroso di questa leggerezza politica e culturale tipicamente italiana.
Neppure sembra esserci una consapevolezza, a livello politico, dell’importanza di mettere in sicurezza il territorio.
Con i soldi della TAV si potrebbe farlo, peraltro con l’effetto secondario non trascurabile di distribuire in maniera più equa, nel territorio, i fondi stanziati.
Invece si preferisce un’unica grande galleria, una sorta di buco nero, di voragine che attrae risorse che sembra non bastino mai.
Come questo novembre piovoso, che pare infinito.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo.
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