Sono stato invitato a Iglesias a parlare di Sardegna, della sua storia ambientale, dei boschi che furono asportati a causa di una indegna speculazione. Come era prevedibile, il filo logico della storia ci ha portato a parlare di industria, di fabbriche che chiudono, dell’inquinamento ambientale della zona.
Nel Sulcis – Iglesiente ormai, una sola grande industria è sopravvissuta alla catastrofe annunciata che, nonostante lo spreco di una montagna di soldi pubblici, ha fatto fallire una dopo l’altra tutte le altre industrie, lasciando indietro un carico di inquinamento inquietante.
I dati delle analisi chimiche, che di tanto in tanto vengono riesumati da cassetti che sembrano incollati, fanno paura. Fanno talmente paura che si preferisce non parlarne.
Il racconto di come i carrelli carichi di fanghi rossi industriali venivano tranquillamente gettati in mare, sono angoscianti. Come è potuto accadere? La laguna di Sant’Antioco è inquinata, oggi. Le falde acquifere, in determinate zone del Sulcis, superano i livello di guardia di tutta una serie di elementi metallici pesanti. I bambini nascono con un livello di piombo nel sangue superiore al normale. Lavoratori, a frotte, che ci hanno lasciato le penne. Incidenze tumorali tra la popolazione superiori di gran lunga al normale.
L’unica fabbrica che funziona, nel Sulcis – Iglesiente, in realtà, è dentro il grande business mondiale del riciclo dei rifiuti, con una gigantesca discarica, alle porte della città, che si ingrandisce progressivamente e sembra non bastare mai, tanto che si sta parlando di aprirne un’altra dello stesso genere a Carbonia, per smaltire i cosiddetti “fumi di acciaieria”.
E’ tutto ormai piuttosto chiaro: un modello di sviluppo si è rilevato un totale fallimento.
Nel frattempo, nella zona come nel resto dell’isola, c’è tutta una fibrillazione imprenditoriale che si affolla sui terreni sardi per chiedere di poter impiantare le cosiddette energie rinnovabili.
Tra queste, accolta con soddisfazione dal mondo politico e sindacale locale, la prossima apertura della bioraffineria del gruppo legato a Ghisolfi, sponsor dell’attuale Presidente del Consiglio, che dovrebbe creare, a regime, 150 posti di lavoro più quelli temporanei necessari alla realizzazione della struttura e l’indotto. Indotto che prevede la coltivazione di una cultivar della canna domestica piuttosto aggressiva, da impiantare, secondo le previsioni, nelle zone incolte e improduttive.
Una specie infestante che muta il regime ecologico del territorio, rendendolo più arido e soggetto agli incendi, ma che verrebbe coltivata per consentire la produzione del carburante biologico della fabbrica, che altrimenti sarebbe costretta a prelevare la biomassa all’estero, contribuendo al disboscamento di aree geografiche lontane. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
All’inquinamento devastante delle aree del sud dell’isola, si associa dunque il rischio di una probabile desertificazione, come se il pregiudizio all’agricoltura, ad un futuro basato su uno sviluppo sostenibile, moderno, sui prodotti dell’agroalimentare di qualità, non fosse già stato abbastanza compromesso.
Mi sono impresso nella mente le parole di Francesco Giganti: Una volta, dice, chi andava a lavorare, nelle miniere, nelle fabbriche, lo faceva rischiando la vita, ma lo faceva per la famiglia. Ora non è più così. Chi va a lavorare in quelle fabbriche, non rischia più solo la sua vita, ma anche quella di chi sta a casa, dei propri familiari.
Che razza di stravolgimento. Una volta, mi raccontava mia madre, al suono dell’allarme, le donne uscivano da casa correndo, scarmigliate, con il bambino in braccio, e l’angoscia nel volto. Di corsa verso l’imboccatura della miniera, al suono della sirena.
Oggi l’angoscia è impalpabile, diffusa, invisibile, non ha la tangibilità di un lacerante suono, di una sirena che strazia l’aria.
Sono uscito fuori dalla sala del municipio dove Valentina e gli altri amici dell’Associazione Prospettive avevano organizzato l’incontro. La piazza centrale della storica città di Iglesias è molto bella, esempio di rara e sobria coerenza architettonica, con la possente e austera cattedrale che fronteggia l’elegante palazzo comunale. Ma era occupata da un sorta di parco giochi natalizio, e pare anche il prete si sia molto arrabbiato con i consiglieri comunali per questa strana e inopportuna invasione. Una surreale occupazione di bancarelle natalizie e di giochi per bambini, che impediva all’architettura del luogo il necessario respiro per poterla ammirare.
Che peccato, ho pensato, anni che non venivo ad Iglesias, e neppure uno sguardo compiuto a questa bella piazza.
Poi con gli amici siamo andati a ripararci dalla fresca serata dicembrina in un locale del centro.
Abbiamo chiesto un bicchiere di Carignano del Sulcis, ma non ne avevano.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design