Ne abbiamo vissute tante di giornate come queste, ad aspettare Godot. Ad attendere, per 90 minuti, se restare a galleggiare tra gli eletti o scendere al secondo piano dove una volta era come masticare la polvere e dove, adesso, è solo una questione di soldi. Ne abbiamo vissute parecchie di partite vincere o morire, metafore che mischiavano il pallone con il sud, il profondo sud, quello che non vince mai nulla e, al massimo, arriva secondo. Ce lo siamo detti chissà quante volte che è più bello salvarsi che vincere uno scudetto, che in fondo è una partita di calcio e che le lacrime sono per il raffreddore e i silenzi per la raucedine. Ce lo siamo detti ma non ci abbiamo creduto. Molti di noi erano piccoli quando Gigi Riva giocava e moltissimi non erano neppure nati quando quasi 50 anni orsono il Cagliari andava a vincere lo scudetto. Perché nel calcio, come nella vita, succede che qualcuno pigiando il tasto dell’ascensore sociale riesce a giungere nei piani alti. Nel calcio, come nella vita, qualcuno azzecca la partita perfetta, il gol incomprensibile e impossibile, il traguardo inimmaginabile. Poi ci vuole altro, costanza e passione e non basta neppure. Che ce le diciamo a fare queste cose nel 2018, quando tutto è business, comprato e venduto, i poteri forti che investono sulle grandi squadre e quelle piccole a fare da vallette. Come nella vita. Ai margini di tutto, nei marciapiedi delle opportunità. Che ce le diciamo a fare queste cose prima dell’inizio di una partita di calcio che non modificherà gli assetti del nostro futuro? Ce le diciamo perché siamo fatti della stessa materia con cui sono fatte le stelle: ci illuminiamo ma siamo destinati a spegnerci. Però, vedere qualcuno che se la gioca e – speriamo – se la giochi davvero, ci fa brillare quella piccola luce che ci è rimasta dentro e ci fa ancora sperare in una piccola vittoria. Almeno quella. Si comincia con la speranza di poter ricominciare a settembre con la squadra di calcio del Cagliari ancora in serie A.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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