Ce la ricorderemo questa partita perché c’è dentro il senso della vita. Si può vincere, quasi stravincere e convincere, ma può non bastare. Perché bisogna sempre tener conto dell’avversario. Ci si addormenta, ci si culla, convinti di finire al cospetto degli dei e ad abbracciare quello che ancora oggi è il venerabile: Diego Armando Maradona. Poi le strade si ingarbugliano, basta una frenata improvvisa, un piccolo sbandamento e tutto si rimette in gioco. Dall’inferno al purgatorio rischiando di arrivare in paradiso. Ha ricordato la semifinale del 1970 quando nello stadio dell’Azteca si affrontarono Germania e Italia e vinsero gli italiani nel famoso 4 a 3. Qui cia siamo arrivati vicino. Se avessero segnato il quarto gol per l’Argentina o per la Francia qualcuno avrebbe detto che questa era la partita del secolo. Ora, a coppa assegnata, a rigori conclusi (maledetta lotteria per molti) con l’adrenalina che non circola più, ora si può dire una frase quasi tabù per un popolo e per il suo capitano Messi: Diego può riposare in pace. Tutto è stato compiuto, tutto si è concluso. Sul campo ha prevalso il vecchio Lionel a dispetto dell’esplosivo e magnifico Mbappé. Si rifarà, è giovane ed è già stato campione del mondo. Onore delle armi a tutti in questa partita che rassomiglia un po’ alla vita. Il gioco di squadra, lo spartito dell’orchestra, i direttori e i capitani, la bellezza e la follia, le lacrime di tutti: di gioia e di dolore. E’ stata una bella partita di calcio in un luogo dove il calcio non ci doveva passare. Ma questo è un altro discorso.
Giampaolo Cassitta
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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