Tra i relatori della conferenza cui partecipavo, prese la parola lo psichiatra. Il tema dell’incontro era il suicidio. Come è giusto e quando è giusto parlarne, perché occorre cautela e come si deve fare per evitare l’emulazione. Ad un certo punto, il discorso dello psichiatra virò dalla traiettoria della lezione passando al racconto di un fatto che gli stava a cuore raccontare. Il medico aveva in cura una signora colpita da una profonda depressione. Aveva cercato di togliersi la vita andandosene in campagna, in un luogo isolato, e aspettando che i gas di scarico riempissero l’abitacolo dell’auto e i suoi polmoni. Ma un pastore se ne accorse, aprì lo sportello, la liberò e chiamò i soccorsi prima che l’irreparabile avvenisse. Stette in cura e sembrò riprendersi, ma poi quel male oscuro la aggredì nuovamente. Un giorno se ne andò al mare, non era estate e al mare non c’era nessuno. Attese il tramonto e quando fu buio tirò fuori dalla giacca il coltello che si era portata appresso, lo strumento per farla finita. L’incredibile accadde mentre la donna stava per pugnalarsi. Proprio in quel momento un uomo nero, saltato giù da una barca, aveva raggiunto la spiaggia a nuoto: alla luce della luna vide la donna, il coltello, la sua disperazione. Corse verso di lei, le tolse il coltello dalle mani, la abbracciò. Poi scappò via, con i suoi stracci laceri e zuppi d’acqua salata. Era un migrante, arrivato da chissà dove. Aveva rischiato di morire per una vita migliore, non poteva accettare di veder morire per scelta volontaria chi una vita migliore già ce l’aveva, dalla parte felice del mare. Anche se era una sconosciuta. La donna sentì il suo tentato suicidio come una colpa, forse per la prima volta, e se ne tornò a casa commossa. Lo psichiatra ha detto che sta meglio. Forse questo attaccamento alla vita i razzisti non sopportano dei migranti, questo volerla rischiare per averne una migliore, per renderla davvero degna di essere vissuta. Questo saper essere felici pur avendo molto meno di loro.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design