Io sono sardo. Lo so e l’ho sempre saputo. E’ un dato di fatto e non è un qualcosa di positivo o negativo. Ma neppure neutro. Essere sardi non si sceglie, come nessuno ha scelto di essere toscano, emiliano, sicialiano, italiano, kurdo, afgano. Dicono sia il destino che costruisce gli eventi. Essere sardo è dunque un caso. Poteva capitarmi di tutto. Anche di nascere al Polo Sud, di essere un uomo di colore, qualsiasi colore. Potevo anche non nascere. Però sono nato sardo. Quindi, amo la mia terra. E’ normale. Come si ama la propria gente, le proprie cose. La Sardegna prima di tutto, soprattutto e per sempre. Oddio, qualche problema comincia ad emergere: ne siamo così sicuri? Personalmente ho qualche dubbio, da sardo e cittadino del mondo. In questi giorni c’è una strana disputa per la scelta del grande manager che dovrebbe traghettare la nostra disastrata ASL in una moderna azienda sanitaria efficiente. Per farlo il Presidente della Regione Sardegna e l’Assessore alla Sanità (entrambi sardi) avevano deciso per un nome “continentale”. Il risultato è stato tragico: levata di scudi, veti contrapposti, urla scomposte, minacce di crisi politica. L’opposizione all’interno della stessa maggioranza ha preteso che il top manager dovesse essere sardo perchè i sardi conoscono bene le proprie cose e le sanno salvare e ottimizzare meglio degli altri. Io sono sardo e amo la mia terra. Ma che un sardo, solo perchè sardo, possa essere l’unico in grado di salvare qualcosa gestito malissimo da centinaia di sardi nel corso degli anni, non mi pare una grande trovata.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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