Brutto termine la censura. Da qualsiasi punto di vista e di latitudine. Censura è togliere in base alle tue credenze ed opinioni senza rispettare quelle degli altri. Censura è il rogo per il quale fu condannato il film di Bertolucci “ultimo tango a Parigi”, è non mettere in onda a Radiorai “Dio è morto” di Francesco Guccini non rendendosi conto che, invece, veniva programmata nella radio Vaticana. Censura è chiudere qualsiasi possibilità di dialogo, dipingere un muro di silenzio con chi dovresti confrontarti. Censura è la paura della verità, il terrore che si possa scoprire cosa in realtà sta accadendo. Censura è anche un paradosso. Internet dovrebbe essere l’anima della libertà, la possibilità che tutti possano esprimersi liberamente e i siti che raccolgono foto e storie sono grandissimi armadi della memoria. Facebook, quella piazza virtuale dove tutti sono liberi di esprimere il proprio pensiero, ha oscurato un’immagine. Dicono sia l’algoritmo che non ha emozioni. L’immagine ritrae una bambina nuda. Ma non è stata inserita nel web da un pedofilo. Quell’immagine più di ogni altra è l’urlo di Munch all’estrema conseguenza. E’ lo strazio di bambini innocenti, finiti dentro la guerra del Vietnam, una guerra che ancora oggi pochi hanno compreso, posto che ci sia qualcosa da comprendere quando si tratta di guerre. Quell’immagine è la limpida rappresentazione dell’orrore: i bambini, l’odore acre del napalm, la schifezza di quella maledetta guerra. La censura non può permettersi di cancellare la storia. Quell’immagine è la Guernica di Picasso nella sua nudità, nel suo tutto.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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