Sassari, estate del 1923: i fascisti hanno appena fatto fuori il sindaco legittimamente eletto. Non è che l’abbiano ammazzato (lui almeno no). Si chiama Flaminio Mancaleoni, è un onesto politico seguace di Abozzi, liberale moderato. E neppure pervicace antifascista. Anzi, poche settimane fa ha accolto con grande pompa Benito Mussolini, da pochi mesi presidente del Consiglio, in festosa visita a Sassari.Il problema è che a Mancaleoni non basta non essere antifascista, dovrebbe pure essere fascista. E non lo è, non lo vuole essere. Ma soprattutto è stato un sindaco eletto, straeletto anzi con un mucchio di voti. E pure piuttosto benvoluto.Insomma, il fascio dice che se ne deve andare senza dare troppe spiegazioni. Anche perché la spiegazione vera è che il già quasi regime si prepara ad eliminare ovunque i sindaci eletti dal popolo per sostituirli con i podestà nominati dallo Stato di cui sta tentando di impossessarsi.Però ancora bisogna conservare le apparenze. In fondo la Marcia su Roma è avvenuta soltanto pochi mesi fa, ci sono ancora notevoli residui di libertà, tra i quali, a Sassari, una Nuova Sardegna che dopo qualche brutto tentennamento filo fascista sta ritrovando la sua vecchia carica progressista e democratica. E’ morto all’inizio di quest’anno lo storico direttore (e azionista del giornale) Medardo Riccio, che già prima della Marcia su Roma aveva portato La Nuova su posizioni filofasciste; Pietro Satta Branca, uno dei maggiori azionisti e tra i fondatori, che non si era opposto alla china presa dal giornale, proprio in questi giorni della cacciata di Mancaleoni ha un grave malore che in breve lo porta alla tomba. Il figlio di Satta Branca, Arnaldo, pervicacemente antifascista, prende in mano il giornale; da fine e coraggioso intellettuale qual è, ha capito ormai da molto tempo su quale mostruosa strada Mussolini vuole portare il Paese e lo combatte con tutti gli strumenti a disposizione, rischiando pure la pelle, visti i tempi. Lo farà fino al ’26, quando gli chiuderanno il giornale che lui riaprirà nel ’47.Comunque il fascio non può permettersi di cacciare il sindaco a manganellate. In altre parti di Italia ha fatto roba anche peggiore, prima e dopo la Marcia, ma qui in Sardegna non ha tanto consenso popolare da poterselo permettere senza gravi reazioni. Il potere locale dei fascisti non è conquistato sul posto, arriva da Roma, dal nuovo Governo e dalla codarda e irresponsabile condiscendenza del re.Il fascio locale, in questa estate del 1923, si è allora appena inventato un salto mortale con la complicità del prefetto. Ha intimato al sindaco di dimettersi, ottenendone naturalmente un diniego, seppure pacato. Ha ripetuto l’intimazione e il sindaco ha fatto orecchie da mercante. Il fascio allora ha minacciato: Mancaleoni, se non te ne vai da solo non ti lamentare se poi il popolo fascista ti manderà via a bastonate e anche il signor prefetto non si lamenti se a Sassari ci saranno dei torbidi. Al che è intervenuto il prefetto che ha finto di cadere dalle nuvole: cosa vuol dire che ci saranno dei torbidi? Io non posso permetterlo!Ora voi penserete che il prefetto, basandosi su norme non ancora fascistizzate ma già sufficientemente sensibili in epoca liberale alle questioni di ordine pubblico, abbia disperso i fascisti a colpi di manette. Niente affatto, per motivi, appunto di “ordine pubblico” il prefetto ha dichiarato decaduti Mancaleoni e l’intero consiglio comunale. Insomma, un pacchetto infiocchettato dalla sempre più stretta alleanza tra Stato e fascismo. Tanto stretta che ormai è la stessa cosa. (Quasi, anzi, come dimostra Guido Melis nel suo fondamentale saggio storico “La macchina imperfetta”).E ha nominato commissario prefettizio l’avvocato Candido Mura, di fede fascista. La cosa curiosa dell’avvocato Mura, che quindi traghetta Sassari dal Comune democratico a quello fascista, è che poco più di vent’anni dopo la traghetterà dal Comune fascista a quello democratico. Alla caduta del Regime ricoprirà infatti nuovamente la carica di commissario prefettizio e sarà subito dopo sindaco eletto in quota Democrazia Cristiana. Sarà dopo poco tempo silurato dal mitico sindaco Oreste Pieroni (l’ideatore di Platamona) nell’ambito di un regolamento di conti, a vago sfondo antifascista, interno alla Dc. Questo per dire che razza di cesura ci sia stata nella classe dirigente sassarese quando sono cambiate le cose. E poi dice che non ha ragione chi predica che i conti con il Fascismo non li abbiamo mai fatti fino in fondo e che noi sassaresi, con certe eccezioni, siamo simbolo di un’Italia da un’ottantina d’anni a metà del guado: un guado che si è trasformato in uno stagno dove il primo furbo che in nome della “pacificazione” mette partigiani e repubblichini allo stesso livello è applaudito da orde di meno furbi che ci credono.Ma questo non c’entra con il racconto, anche se in realtà è il motivo per cui lo sto scrivendo.Insomma, in questa estate del 1923 il commissario prefettizio ultra fascista avv. Mura, appena insediato, convoca i giornalisti. Ancora non si chiama “conferenza stampa”, ma è qualcosa di simile. L’unica differenza è che adesso se organizzi una conferenza stampa sai che ci sono due parti: quella che ha da dire qualcosa e quella dei giornalisti che ascoltano, fanno domande e poi scrivono cosa si è detto. Mentre allora, in una città come Sassari, i giornali, anche quelli democratici come La Nuova Sardegna, non avevano il ben definito ruolo di cani da guardia del popolo contro il potere che bene o male hanno adesso. Allora, insomma, si poteva equivocare, salvo che per alcune testate socialiste e comuniste, e farsi l’idea che, in fondo, tutti noi borghesi, chi con un’idea chi con un’altra, stiamo tutti dalla stessa parte.La deve pensare così l’avvocato Candido Mura quando davanti a una decina di giornalisti di varie testate sarde e nazionali, tra le quali La Nuova Sardegna, fa un discorso che ora io in alcune parti sintetizzo e che in altre riporto testualmente usando le virgolette: sono le esatte parole usate da lui, che riprendo dagli articoli che la Nuova Sardegna in quei giorni dedicò all’evento.Allora, cari amici, io ammetto che “il fascismo si è impossessato del Comune in modo strano, ma non vi ho chiamati qui per parlare di politica: quel che è stato è stato” e siccome siamo tutti classe dirigente dobbiamo cercare di darci una mano. Io lo so che in Sardegna il fascismo “sarà sempre in minoranza perché qui è impossibile l’opera di penetrazione che abbiamo attuato in Continente. Ecco perché è stato necessario ricorrere a questi mezzi per prendere il comune di Sassari”. E sarà anche vero che “a Sassari noi fascisti rappresentiamo solo il cinque per cento, ma le cose sono andate così e pazienza”. D’altro canto a Roma abbiamo vinto noi. E tornando a Sassari, “lo so che il fascio locale non dà nessun affidamento, ma state tranquilli che mi impegno a imporre la massima disciplina”.Insomma, il senso è: siamo una banda di delinquenti, asini, inaffidabili e pure in minoranza. Ma siccome comandiamo noi e io sono un galantuomo, cerchiamo di tirare avanti senza romperci i coglioni a vicenda e datemi una mano a portare avanti le cose cominciate da Mancaleoni che, devo ammetterlo, è stato un grande sindaco.Tu leggi queste cose e dici: ma guarda che protervi e sfacciati e arroganti, questi fascisti, neppure un anno al potere e già te lo sbattono in faccia ammettendo persino di essere dei farabutti. E vogliono anche che si scriva sui giornali.E infatti la Nuova scrive tutto.Errore. Arroganti sì, ma non vogliono che si scriva sui giornali. Candido Mura aveva convocato dieci giornalisti, tra i quali certi fieri oppositori al fascismo, pensando a una chiacchierata tra amici, un privatissimo invito alla concordia per fare funzionare bene tutto l’ambaradan comunale. Un accordo tra bravi borghesi. Che in fondo comandavamo prima, comandiamo adesso e comanderemo dopo anche quando tutto questo aburottu del fascismo sarà finito.E invece Candido Mura tutto quello che aveva detto se lo vede scritto in fino in fino sulla Nuova Sardegna e gli vengono i capelli dritti.E subito nega.Io ho detto che in Sardegna non entreremo mai? Che del fascio di Sassari è meglio non fidarsi? Ma quando mai?Quelli della Nuova, sornioni, si fanno rilasciare dichiarazioni giurate da tutti i loro colleghi presenti all’incontro (compresi i filofascisti), dove si dice che l’articolo della Nuova riporta fedelmente il discorso del commissario prefettizio e le pubblicano sul giornale.Chissà cosa dicono i camerati all’avvocato Candido. Ho il sospetto che gli dicano anche una parola brutta. In privato, però. Perché in pubblico attaccano la Nuova accusandola di diffamare il camerata travisando le sue dichiarazioni. Anzi, inventandole di sana pianta.Ma ormai lo sputtanamento è epico. Storico.Nel 1926, quando finalmente i fascisti riuscirono a chiudere La Nuova, ci furono grandi festeggiamenti. Ne ho vista l’eco in alcuni articoli tartufeschi dell’Isola e di altri periodici della stessa parrocchia. Si diceva in sostanza: ci dispiace ma se la sono cercata con certi loro comportamenti. Insomma, spulciando qua e là, io mi sono fatto convinto che in quei festeggiamenti dei fascisti abbiano avuto una certa parte anche due elementi non ufficiali: il primo è il sollievo di essersi liberati di un concorrente imbattibile sul piano della diffusione qual era La Nuova Sardegna, giornale di gran lunga migliore di quell’Isola sulla quale i fascisti locali avevano investito molto denaro, oltre che propositi politici; l’altro è la soddisfazione di essersi vendicati di quella pioggerellina di merda che li aveva colti senza ombrello nell’estate del ’23.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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