Del referendum costituzionale ne parleremo a lungo e diffusamente. Dalle prime analisi mi sembra ci sia, come sempre, una rincorsa alla divisione con le solite squadre ben divise in pro e contro. In realtà credo siano davvero molto pochi gli italiani che hanno letto tutte le modifiche che sono state pubblicate nella gazzetta ufficiale qualche settimana fa e che cambiano, sostanzialmente, la nostra Costituzione, quella nata da una lunghissima gestazione (oltre un anno) con diverse vedute e diversissime visioni tra il 1946 e il 1947. Eppure, quella carta costituzionale è arrivata, dopo quasi settant’anni quasi intatta (ricordiamo che alcuni articoli sono già stati modificati) e, in alcuni casi poco applicata. Non possiamo schierarci per il si o per il no solo per partito preso. Non mi sembra neppure giusto che questa scelta debba essere legata alle convinzioni politiche di “area”. Non necessariamente, almeno per quanto mi riguarda. Dovremmo, invece, provare a comprendere la struttura generale che ha portato i nuovi costituenti a chiedere le nuove modifiche e se queste modifiche potranno funzionare. Ho sempre amato la Costituzione della nostra Repubblica per quegli articoli chiari, decisi, brevi, costruiti sui principi: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; l’Italia ripudia la guerra; Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Al resto dovrebbero pensarci le leggi. Da una lettura sommaria dei nuovi articoli costituzionali mi sembra (ma, ripeto, avremo modo di riparlarne) che il principio generale lasci il posto ad articoli forbiti, complessi, macchiavellici, barocchi, figli della complessità del nostro tempo. Sembra quasi che i novelli costituenti abbiano il fondato timore che qualcuno possa utilizzare i vari cavilli dei legulei anche sulla carta costituzionale. Sembra proprio si siano usate molte parole. Forse troppe. Però, ne parleremo a lungo e diffusamente. Per ora mi limito a dissentire su un punto: certi articoli sono davvero incomprensibili. I signori del 1946 ebbero, invece, il dono della semplicità. Altri tempi. Si usciva dalla guerra e si voleva costruire il futuro. Oggi si ha paura di coltivare la bellezza della politica e si inseguono i fantasmi di un popolo sempre più orientato ad utilizzare i forconi senza aver letto mai un articolo di legge. Non è diminuendo i rappresentanti del popolo che si costruisce uno Stato. Semmai i rappresentanti che diventano pochi possono diminuire la forza democratica del paese. Ma, anche questa è solo una prima impressione. Ne riparleremo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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