Era l’epoca delle radio libere. Quella di Milano, radio popolare, cominciava le trasmissioni proprio il 1° gennaio di quell’anno. Eravamo in piena epoca democristiana. E a governare c’era Aldo Moro. Che quell’anno si dimise. Arafat veniva ammesso, per la prima volta, nel palazzo di vetro delle nazioni Unite: l’Organizzazione per la liberazione della Palestina diventava qualcosa di ufficiale e tangibile. Si cercava la pace in quella striscia di disperazione. Era anche l’anno nel quale le Brigate Rosse venivano colpite al cuore: arrestati Renato Curcio, il vero e unico ideologo di quel gruppo e Nadia Mantovani. Sembrava un’organizzazione sull’orlo del tramonto ma era, invece, solo l’inizio della follia. Era l’anno, pensate, di due strani ragazzi uniti da un’unica visione: costruire il futuro. Si chiamavano Steve Jobs e Steve Wozniak ed insieme fondavano la Apple. La mela che in pochi anni sarebbe finita in tasca di milioni di persone. Quell’anno moriva anche un grande uomo: meglio, un uomo. Alekos Panagulis le cui gesta vennero raccontate in un libro memorabile di Oriana Fallaci: la sua donna. Fu un anno strano. Dopo 27 anni il Torino di Pulici e di Graziani e di Claudio Sala, il poeta, vinceva il suo meritatissimo scudetto. In quell’anno, in quello strano anno, dove un comunista serio e forte come Pietro Ingrao sedeva alla presidenza della camera dei deputati e Amintore Fanfani in quella del Senato, mentre Saul Bellow avrebbe vinto il nobel per la letteratura, un ragazzo, ‘nu guaglione componeva quella che, probabilmente divenne il suo inno interiore, l’alfa e l’omega di una città inconcepibile eppure concepita. In quell’anno, nel 1976, Pino Daniele scriveva Napule è. Io avevo appena 17 anni e cominciavo a farla girare nel piatti Teac della mia radio. I colori, le paure, la carta sporca, la camminata, quell’ognuno che ‘aspetta ‘a ciorta, il destino, la fortuna, il gioco delle carte. Napule è. Come lo annunciavo nel 1976 dalle onde libere della mia radio: eccolo Pino Daniele. E’ trascorso un mese dalla sua scomparsa ma non è vero. Napule è e lo sarà sempre. Come Pino. Quindi, signori: ecco a voi Pino Daniele in una canzone d’amore immenso ed eterno. Perché le parole ritornano sempre nel pentagramma infinito della vita. Buon ascolto.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design