Kalush Orchestra from Ukraine celebrates onstage after winning the 66th annual Eurovision Song Contest (ESC 2022) in Turin, Italy, 15 May 2022. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
In condizioni normali la “Kalush Orchestra” titolare di una canzone carina, ruffiana, allegra ma, lasciatemelo dire, niente di speciale, mai e poi mai avrebbe ottenuto dal televoto 439 punti: un’enormità. La vittoria è dunque politica, nel senso più alto del termine: la città stato ha guardato nelle corde dell’anima e ha deciso una risposta forte, unanime e senza nessuna possibilità di replica: L’Europa, quella dell’Eurovision Song Contest, è contro l’atto d’invasione attuato dalla Russia di Putin. Sottotraccia ha anche voluto sottolineare di non volere questa guerra e di essere, molto ovviamente, per la pace. Questa vittoria è un atto di ribellione, un voler porre l’accento su troppe alchimie intorno a questa dissennata guerra. L’atto politico è come una standing ovation, è come applaudire l’ultimo dei ciclisti, l’ultimo dei nuotatori. Era necessario? Non lo so, ma è stato chiaro e netto. La vittoria di ieri sera mi ricorda, per certi versi, quella del Partito comunista Italiano alle europee del Giugno 1984, subito dopo la morte di Enrico Berlinguer. Anche in quel caso l’Italia ha guardato nelle corde dell’anima e ha deciso per il tributo ad un uomo schivo, onesto, leale. In politica questo accade sempre ed è giusto, come accade nello sport. Nel panorama musicale era tutto più complicato. Fino a ieri. La canzone vincitrice non scalerà nessuna classifica e non avrà milioni di visualizzazioni sulle piattaforme, quella canzone ci dice però che un gesto politico era necessario. Il voto non era veicolato da nessuno, non era una strumentalizzazione. Solo un applauso, un tributo, una riconoscenza a chi in questo momento sta soffrendo. Quel voto ha aperto un’altra strada: nel 2023 la musica si sposta in Ucraina. Ed è bello pensare ad una immensa serata di musica a Kiev o Mariupol, dove a vincere sia la canzone più bella e meritevole solo per la musica e l’interpretazione; significherebbe il ritorno alla normalità.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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