La copertina dell’ultimo Espresso annuncia che Berlusconi potrebbe vincere di nuovo: dato per morto per motivi anagrafici e di appeal, Berlusconi ha ricominciato a apparire e pontificare, occupando gran parte dei suoi telegiornali. La mossa dell’agnello lo dimostra e certifica il ritorno alla politica basata sull’incrocio tra sondaggi e strategia, un cavallo (tanto per restare in campo zoologico) di battaglia del fu cavaliere dai tempi di Gianni Pilo. Berlusconi salva cinque agnelli e, sospinto da Maria Vittoria Brambilla, abbraccia il veganesimo, oltre alla pecorella fotografata assieme a lui. Il Giornale ha subito rilanciato la notizia, accarezzando le corde della sensibilità umana verso il mondo animale e sottolineando una scelta di coscienza che potrebbe porre il dubbio a milioni di italiani (personalmente, credo che se non fosse stato Berlusconi a proporre il bando alla carne sulle tavole pasquali, Il Giornale avrebbe parlato di scelta irresponsabile dei nemici del mercato, causa di un incalcolabile danno economico). È anche possibile che la conversione all’insalata di Berlusconi sia sincera: è abbastanza comune, superata una certa età, il rifiuto ideologico della carne. Io però credo che il Berlusconi animalista risponda ad un preciso calcolo di marketing sulla composizione dell’elettorato. Lo riassumerò con una domanda: quanta gente, soprattutto a sinistra, fa della difesa degli animali una filosofia di vita e la considera, nell’elenco delle priorità, più importante delle ideologie politiche? Quanta gente sarebbe disposta a votare per il Berlusconi che lancia la crociata contro l’abbacchio, magari gente che sino alla foto con l’agnellino lo trovava impresentabile, lasciandosi commuovere dal vecchio squalo improvvisamente intenerito? Ho la sensazione che ce ne sia tanta. Basta una discussione a tavola tra amici – a me è capitato poche sere fa – per comprendere quanto questo sia un argomento capace di dividere, suscitare passioni e mandare all’aria certi schemi convenzionali. I vegani hanno una determinazione, nel difendere la loro causa e cercare proseliti, degna del più accanito tifoso di calcio. Ecco, il calcio. Ormai perso il pallone come strumento di consenso, Berlusconi è saltato in groppa ad un’altra passione forte, certamente meno popolare dello sport ma indubbiamente in grado di spostare voti. Se sia l’ultima spiaggia di un leader in disarmo o l’ennesima intuizione vincente lO diranno le prossime politiche, ormai dietro l’angolo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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