Ci sono cose che attraversano senza concludersi i migliori anni della nostra vita. Restano incompiute, ma alla fine ci si affeziona persino alla loro indefinitezza: sai che sono lì, punti fermi di un mondo privo di certezze.
Una di queste è il Piano urbanistico del mio paese, Arzachena, noto ai più per essere il Comune della Costa Smeralda: un luogo dove il metro cubo resta sempre la valuta più pregiata, in barba alla crisi immobiliare. Sono più di vent’anni che si parla del Piano urbanistico, da sei legislature sindaci e assessori vanno dicendo che esiste, ma come per il mostro di Loch Ness o lo Yeti nessuno ne ha davvero la certezza.
Ogni tanto qualche avvistamento nell’aula del consiglio comunale, ma nulla di serio.
Infatti molti sono convinti sia una leggenda, una fiaba a dirla tutta poco credibile. “C’era una volta un luogo chiamato Costa Smeralda, dove gli spargimenti di cemento erano vietati da severe regole, certe ed uguali per tutti”: capite da voi quando poco plausibile possa essere una favola con questo incipit.
Mi rivedo giovane cronista, scapolo e non ancora trentenne, intervistare davanti alle telecamere di Cinquestelle Sardegna l’assessore comunale all’urbanistica che annunciava l’approvazione del Puc, poco prima della fine della legislatura: era il 1998. Qualche settimana dopo quel Piano venne bocciato dal Comitato regionale di controllo e per tanto tempo non se ne seppe più nulla. Nel 2003 ero diventato padre da pochi mesi, marito da poco più di un anno e restavo convinto di poter fare grandi cose nella vita. Sentii dire, al sindaco appena insediato, che lui il Piano urbanistico lo avrebbe risolto in sei mesi, che ci avrebbe fatto vedere come si faceva a venire a capo dell’ingarbugliata matassa di leggi ed interessi contrastanti. Ma poi, un anno dopo, arrivò il decreto salvacoste di Renato Soru. E allora si disse che nulla si poteva più concludere, con questo nuovo bastone normativo tra le ruote. Ma mentre lo dicevano, nell’agosto del 2004, il Consiglio comunale di Olbia approvò il suo Piano urbanistico in tre giorni di sedute fiume. SI PUÒ FAREEEEEEEE! Esclamarono anche i più scettici, prima che quel Piano urbanistico venisse a sua volta cassato per via di palesi irregolarità, tornando anch’esso nel limbo.
Torniamo ad Arzachena. Nel 2006, ecco approvato il Piano paesaggistico regionale, a rendere ancora più impervio il cammino sotto i piedi di amministratori e tecnici. Quei sei mesi erano nel frattempo diventati tre anni ma, si disse, con questi nuovi vincoli bisogna riorganizzare tutto il lavoro, ammesso che possa avere una conclusione. Nel 2008, mentre mio figlio esordiva alle scuole elementari, arrivò un altro sindaco, nel 2012 un altro ancora. Ormai ero un uomo senza più grandi illusioni e pacificamente consapevole dei miei limiti, con tanti capelli bianchi e tanti più chili del lontano 1998. Eppure in Consiglio comunale dissero che il Piano era in avanzata fase di gestazione e a fine legislatura sarebbe stato completato. Non sapevo se crederci, disilluso com’ero. Nel 2017, con mio figlio al primo anno di liceo, si è insediata una nuova amministrazione, la sesta da quando sono state scritte le prime righe di questo romanzo. Due giorni fa il Consiglio comunale si è riunito per ammettere che sì, quel Piano urbanistico concepito durante la precedente legislatura esiste, è pronto, lo si può vedere e toccare. Però? Ma? Ma alla nuova amministrazione non piace, non si è capito bene il perché. Pare sia zeppo di parchi tra un frazione e l’altra, un sacco di verde e poco cemento. Niente, non va bene manco questo. Quindi l’è tutto da rifare, ha annunciato la giovane assessora in Consiglio. Stavolta non è la Regione nemica e matrigna che lo boccia, no, stavolta non ci piace una cosa fatta da noi, così cancelliamo tutto e se ne riparlerà più avanti. Ho tirato un sospiro di sollievo, lo ammetto. Ormai ho una certa età e in questo tumultuoso mutare di mode e stagioni, con le forze che vengono meno, sento il bisogno di aggrapparmi a qualcosa di stabile, come ad un corrimano quando si sale una ripida scala.
Sapere che per il resto della nostra vita potremo continuare a parlare di Puc, dividendoci tra chi è convinto non esista e chi asserisce di averlo visto, è stata una gran consolazione. E ora vi saluto: vado dall’urologo a farmi controllare la prostata.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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