La mia maestra aveva i capelli buffi. Meglio, a quell’età io li vedevo molto buffi, cotonati con delle punte che si rigiravano su se stesse. Aveva anche un vestito scuro la mia maestra e un sorriso antico. Era molto vecchia. Meglio, a quell’età la vedevo come mia nonna e comunque mia mamma era più giovane e quello era il mio metro di paragone. Allora. Il primo giorno di scuola la mia maestra disegnò una grande arancia e ci disse che si cominciava con la lettera A, come amore. Ci disse di copiare e disegnare quell’arancia e colorarla di arancione. A quei tempi non avevamo troppi colori e, soprattutto, io non possedevo l’arancione. La mia maestra mi suggerì di dipingere il cerchio di rosso e poi passare sopra il giallo. Cominciai a capire che la mia maestra fosse una piccola maga. Allora. Poi ci spiegò i numeri e a dividere le parole che fu una cosa per me complicatissima in quanto ritenevo che, spezzandole, le parole si facessero male. La mia maestra sorrideva e mi spiegava che mettere il trattino e continuare sull’altra riga era segno di ordine e allegria. Pensavo che la mia maestra fosse una maga un po’ matta ma segavo le parole e sapevo sminuzzarle e imparai le doppie e il gioco degli articoli e delle consonanti. La mia maestra un giorno ci spiegò cosa fosse la guerra perché lei l’aveva vissuta e noi eravamo i primi a vivere in pace. Insomma, proprio i primi primi magari no, ma eravamo i primi con il frigorifero e la televisione a casa. Per questo motivo, in quinta elementare ci disse che dovevamo vedere Ulisse la domenica sera. Era uno sceneggiato e mia mamma diceva che non si poteva vedere che era tardi e dopo carosello a nanna. E allora, per colpa della mia maestra, stavo rannicchiato dietro la porta a sbirciare tutta l’odissea di sbieco che già era difficile di suo, in quelle condizioni era quasi impossibile. Eppure potevo raccontarla seppure confusamente alla mia maestra che ci spiegò cosa fossero gli eroi e i buoni e i cattivi e ci raccontò la bellezza del viaggiare. A quei tempi pensavo avessi una maestra maga matta ma sognatrice. Non aveva mai viaggiato perché le facevano male i piedi – questo ci diceva – ma ci mostrava delle foto di Parigi, Londra e i mondi esotici e ci raccontava di Sandokan e dello scrittore che non si era mai mosso da Torino. La mia maestra era maga matta sognatrice e romantica. Ci spiegò la nostra bandiera, Garibaldi, i romani, i fenici, ci disse che dovevamo sempre rispettare la nostra patria, i nostri nonni che avevano combattuto, i valori di un popolo e ci disse che dovevamo lasciare questo mondo migliore di come ce lo avevano consegnato. Capii – ed ero piccolo – che la mia maestra maga matta sognatrice romantica era anche comunista!
pubblicato il 4 gennaio 2015
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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