“No! Cazzo! No!” L’ho solo pensato, senza trasformare il pensiero in parole, mentre mi lasciavo trasportare dalle scale mobili al secondo piano del centro commerciale, in una domenica malinconica e stanca di inizio autunno, con la gente ancora in pantaloncini e maglietta ma attenta nel tenersi a prudente distanza dai getti gelidi dell’aria condizionata. In quei pochi secondi di immobile scalata, sul nastro delle scale in perenne movimento, per anni ho guardato alla mia destra, per godermi la foto gigantesca della modella stampata sulla vetrina laterale di un negozio di abbigliamento. Ci sarà stata da vent’anni ma ogni volta che l’ho guardata, da allora, non ho mai pensato una sola volta che avesse fatto il suo tempo, che andasse tolta perché superata, vinta dal progresso delle mode e dei gusti.
La modella della foto grande aveva l’aria assente di Kate Moss, labbra perfette appena socchiuse, occhi verdi protesi verso l’infinito. Forse aveva appena superato l’adolescenza, non la si poteva dire ragazza ma nemmeno donna fatta. Io ci trovavo in lei la stessa carica enigmatica della Gioconda, ma anziché in una sala del Louvre io me la godevo per quei pochi secondi di transito sulla scala mobile di città Mercato, poi Auchan. In tutti questi anni, col trascorrere di anni e stagioni, mi sono chiesto se fosse davvero una modella o la bellezza colta al volo per la foto occasionale di un manifesto, se nel frattempo si fosse sposata, avesse avuto dei figli, fosse ingrassata e quale vita le avesse riservato il mazzo di carte del destino, magari segretaria in uno studio medico o impiegata alle poste. Non mi sono mai preoccupato di indagare, di cercare un nome o un profilo: per me lei esisteva solo in quei pochi secondi di transito sulla scala mobile. Oggi, quando mi sono girato sulla destra, lei non c’era. Ristrutturazione in corso di quell’ala del centro commerciale e la sua foto è sparita, buttata in chissà quale discarica. Non saprò mai chi fosse e come ci fosse finita, su quella vetrina. È stato come se mi avessero rubato la Gioconda.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design