Forse sarà perché siamo troppi o sarà perché abbiamo fretta, sempre di più, ma dove passa, o dovrebbe passare, l’uomo non c’è spazio per gli alberi e per le galline. Milano. Inizia qui la via Lorenteggio, tra un moderno e vistoso grattacielo di una grande compagnia telefonica e la fila bassa di case popolari dell’Aler, già assurte alle cronache recenti per occupazioni abusive ed altro. Dietro, se ti volti verso sud est, la lunga striscia della “vigevanese” fugge verso la pianura grassa, all’inizio ancora macchiata qua e là da casermoni di periferia, poi sempre più piatta, e la strada fa compagnia al naviglio giù verso Abbiategrasso (la “biada grassa”, appunto) e Vigevano. Qui alberi pochi, più che altro filari di pioppi piantati dall’uomo per drenare i terreni, gonfiati di acqua dal reticolo visconteo dei canali del Naviglio. Se ti volti verso nord ovest, invece, entri in città, dritto fino alla cerchia dei Bastioni, in questo viale a doppia corsia che poi diventa Via Foppa, fino alle mura di San Vittore, e poi dentro, verso Corso Magenta. Qui, in questo spartitraffico centrale che separa le due corsie, alberi tanti. 573, grossi, imponenti. Olmi, ormai quasi secolari. Poco dopo due chilometri, verso il centro, a circa metà lo spartitraffico si allarga e ospita ancora la piccola chiesetta di San Protaso, in realtà un oratorio, XI secolo, incastrata tra gli olmi, le auto e le file dei palazzi. Un miracolo di “pietas” urbana verso una piccola gemma di storia. Nell’ora di punta ci vogliono 30/40 minuti per arrivare alle mura di San Vittore, 3 km più o meno in tutto. Troppi. Serve una Metro, la 4. Passerà di qua. Così è deciso. E gli alberi dovranno lasciargli spazio. Mi viene in mente la scena di Amici miei, quando Mascetti/Tognazzi e il suo manipolo di finti geometri irrompono nella piazza di Calcata per tracciare con la vernice sui muri il percorso dell’autostrada, seminando il panico tra gli sbigottiti abitanti. Passerà di qua la Metro 4, la Blu, che serve, per liberare dal traffico questo viale alberato e portare la provincia e la città di sud est dritta a Linate. Qui le tracce sono sugli alberi tutti marchiati uno ad uno ma, questa volta, dagli abitanti del quartiere, marchiati con un cuore rosso e due occhi, quasi a parlare e a chiedere di sopravvivere. #573Alberi è l’iniziativa. E giù polemiche su chi è pro e chi è no. No Tav, No Stadio, No Metro da una parte, il Popolo della Fretta (che poi a volte è lo stesso) dall’altra. E le auto qui, anche oggi in coda, ferme, con gli alberi dal cuore rosso che ci guardano, con gli occhi spalancati, come vecchi cani tristi, mentre le ruspe già lavorano e un paio di automezzi della polizia sorvegliano stancamente il presidio di protesta degli abitanti. Chiuso qui dentro nell’abitacolo rovente faccio fatica a schierarmi, lo ammetto. Non so se è più facile con la Gallina Prataiola. Si, quella che, ho letto, ha bloccato i lavori della Olbia / Sassari, percorsa la scorsa settimana in una andata e ritorno da incubo tra autotreni e auto di pendolari e di turisti perplessi appena scaricati dalla nave e catapultati in una gimcana interminabile di deviazioni, ruspe, gru e cambi di corsia. Ma lei , la Gallina, nidifica li, dove il Mascetti dell’Anas ha tracciato con la vernice la strada, tra Chilivani e Ardara, nidifica tra la primavera e l’estate, e gli “esperti” hanno detto che le ruspe la disturberebbero e il cantiere si ferma, rallenta. Mah. Brutta faccenda. Lei, la Gallina, al secolo Tetrax Tetrax o Otarda minore, se la ride e si prende la sua rivincita sul Popolo della Fretta. Gli alberi invece, che non hanno né zampe ne ali per spostarsi, nemmeno volendolo, un poco più in là, non ridono e aspettano, con gli occhi sbarrati. È la solita contrapposizione tra un incalzante e oggi confusionaria tendenza ad un Manifesto Futurista di marinettiana memoria e un “Elogio della lentezza” che ci richiama alla convivenza con il ritmo primordiale della natura nella quale siamo stati creati. In mezzo siamo noi, in coda, rassegnati e in attesa, che ci affidiamo al buon senso, se non della Gallina, almeno di geometri e burocrati che dovranno garantire le tempistiche dei lavori. Un sospetto però mi viene. Se non fossero occupati, gli Alberi a sopravvivere e le Galline a nidificare, verrebbe da pensare che, entrambi opportunamente prezzolati, possano essere coinvolti, strumento ignaro, in un gioco di interessi a prendere tempo, a buttarla in la’, per giustificare l’ennesimo cantiere italico dal “fine pena mai”. Non ci resta che sperare in una quadra, tra Galline, Alberi, ambientalisti, residenti, geometri e burocrati. Speriamo presto, prima che le uova schiudano e la piana del Logudoro venga invasa da pulcini festanti e prima che il vento d’autunno scompigli i rami e gli Olmi di Lorenteggio ricoprano le auto in coda con un valanga di foliage rosso bruno come in una silenziosa nevicata. Però ora, buon viaggio lento a tutti.
Giovanni Cubeddu
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design