L’architetto e artista Roberto Virdis collabora da tempo con Sardegnablogger. Nel post che state per leggere, l’architetto e il narratore si uniscono: Roberto è infatti l’ideatore dell’originale monumento ai caduti della prima guerra mondiale inaugurato il 31 marzo a Oniferi. Gli abbiamo chiesto di spiegarci perché, ancora oggi, sia necessario rinnovare la memoria attraverso il ricordo dei caduti di guerra. Buona lettura.
E’ arrivata a cerimonia di inaugurazione ormai terminata da qualche ora. Ma ci teneva tanto ad “accarezzare” suo zio. Morì nel 1917 a 18 anni, era cioè uno dei ragazzi del ’99 precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. Suo padre raccontava che vennero a “prenderli” caricandoli su un camion a pochi metri dalla trottola di ceramica che lei sta accarezzando. La signora ha letto sin da subito il significato di quelle 32 trottole che, collocate simulando il loro classico movimento dinamico, percorrono una parte del muro di contrafforte prospiciente la chiesa e che terminano la loro corsa nel punto in cui un pannello metallico nero custodisce i nomi di quei ragazzi e le loro rose rosse. Una per ogni caduto. A pochi centimetri, una pietra con i graffi verticali, incisi chissà da quante punte di trottola. E’ partito tutto da lì, da quelle pietre incise duranti i giochi di quei ragazzi. Il luogo è raccolto, ci devi andare appositamente, per riflettere. Il monumento non si deve esibire, si deve sentire. Anche se quei tempi sembrano lontani, non deve essere dimenticato il sacrificio di tanti eroi che, anche nei tempi più recenti, sono caduti combattendo la guerra alle mafie, combattendo i terrorismi più inquieti e tante altri conflitti infami. Ho sempre considerato utile l’insegnamento della Storia partendo a ritroso nel tempo, cioè insegnando e studiandola partendo dagli eventi più recenti. Sempre più spesso infatti, complici anche le riforme scolastiche e le azioni politiche non sempre adeguate, ci troviamo davanti ad una società che dimentica. Manca il tempo per ragionare. Manca il tempo per riflettere sulla Storia, sulle tragedie e sulle evoluzioni dell’essere umano, sempre più vorace di se stesso, sempre più vorace di tutto quello che sta attorno. Manca persino il tempo per fermarsi a giocare con gli altri. Tempi sempre più frenetici hanno portato le famiglie a modificare il rapporto con i propri figli. Anche nei nostri piccoli centri abitati, dove è concentrato tutto. Ho immaginato quei ragazzi pronti a partire, sopra un battello per il Continente, verso una direzione ai più sconosciuta. Li smistavano e li vestivano con le divise grigio verde. Chissà quanti di loro sapessero, in realtà, dove sarebbero andati e per quanto tempo. Chissà quanti di loro mentre cadevano falciati pensarono al loro paese, ai loro genitori, ai loro giochi. Nell’arco di un secolo abbiamo assistito a impressionanti mutazioni politiche e sociali: i due conflitti mondiali, l’atomica, la ripresa economica, la guerra fredda, il Papa dell’Est, Ottana, i Sistemi Operativi, Bush e Bin Laden, i profughi e gli altri sconfitti. 100 anni. Rapidamente, come in un flash-back, scorrono nella mia memoria, le immagini fotografiche di questi cento anni; scorrono nel foglio A4 contenente la lista dei 32 morti in due guerre, di Oniferi. Erano giovani, molti dei quali minorenni, quelli morti nella Prima Guerra Mondiale ed è facile cadere nella retorica della commemorazione ma è altrettanto facile fare delle considerazioni sui valori che ciascuno ha nel corso della propria vita. Ed è estremamente facile cadere nella retorica della nostalgia dei tempi passati quando si giocava con le trottoline di legno, con le ginocchia sbucciate, le gambe con i rigagnoli di sudore che segnavano la polvere. Ma la memoria è importante. Non serve il romanticismo o la nostalgia del paese pittoresco per ricordare il sacrificio di questi poveri ragazzi. Serve però riflettere sul perché questi giochi sono rimasti sospesi nel tempo e perché sono stati interrotti. Oggi i bambini della scuola di Oniferi hanno collocato, ognuno, una rosa leggendo i nomi dei ragazzi. Quei ragazzi non dimenticati.
“…Ho sentito il grido del mio amico, mentre cadeva, in ginocchio, con il suo grido insaguinato cercava la madre, Sono caduto al suo fianco ed è così che siamo morti, Aggrappati come bambini gli uni agli altri, E giacevo nel fango con il coraggio e con il sangue, E piangevo mentre sentivo il suo corpo sempre più freddo, E ho chiamato invano mia madre, anche se non è stata colpa mia e non ero da biasimare. Quel giorno morimmo in diecimila. E ora nessuno ricorda i nostri nomi…” (tratto dal brano “1916” di Lemmy Kilmister).
Ps. ringrazio il Consiglio comunale di Oniferi per avere creduto in questo progetto; gli artigiani Valeria Tola per le ceramiche, Alessio e Antonello Viliadi AVM Sarule per le lavorazioni in metallo. Senza il loro supporto, quest’opera non si sarebbe potuta realizzare.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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