Appartengo, per età e per ideologia, alla schiera di chi a queste elezioni è bersagliato da una terribile tempesta del dubbio. Michele Serra, ieri su Repubblica, affermava che sarà comunque felice di andare a votare. Ecco, sono in disaccordo con lui (e mi capita poche volte) proprio perché la scelta è diventata lacerante. Non c’è nessuno che mi rappresenta e a questo punto mi chiedo: c’è mai stato? Votai per la prima volta nel 1977 e lo ricordo come un bellissimo giorno: partecipavo al rafforzamento della democrazia, potevo esprimere la mia opinione, facevo parte, davvero, del mio paese. Ero convintissimo che il mio voto fosse importante per il mio futuro e per quelli che un giorno sarebbero diventati le donne e gli uomini del domani. Con gli anni e negli anni la mia partecipazione al voto è stata costante e coerente con la mia fede ideologica. In molti casi granitica. Ho cominciato a lavorare ed il mio impegno non è mai mancato, come la curiosità di innamorarsi della politica senza mai essere iscritto a nessun partito. Lo dico perché qualcuno mi ha additato come piddino e lo ringrazio per non avermi considerato “pidiota” ma, davvero, lo devo deludere: non sono iscritto al Partito Democratico e, aggiungo, neppure alla massoneria. Come non sono iscritto (e non lo sono mai stato in passato) a nessun altro partito politico. Non è un pregio od un difetto: è semplicemente un dato di fatto. Sono un giornalista pubblicista (e quindi iscritto regolarmente all’albo) e sono un rappresentante di questo Stato che provo quotidianamente a servire con onore e con l’orgoglio di provare a rendere questo paese migliore di come l’ho trovato. Amo la politica e mi appassionano le idee. Andrò a votare il 4 marzo: per dovere e per amore ma, per la prima volta dal 1977, non sarò felice di mettere la croce sul partito scelto. Questa politica, questo voler raccontare storie che non mi appassionano non fanno parte della mia vecchia passione. Siamo quelli che avranno il dubbio davanti alla scheda elettorale. Forse siamo vecchi o, più semplicemente, è invecchiato il mondo che ci gira intorno. Non vedo molti luci davanti al tunnel. Però ci dobbiamo provare e il voto, questo si, è ancora lo strumento migliore per sentirsi parte di un popolo, di una patria, di un mondo che vorrei molto colorato e meno urlante. Quella matita che utilizzeremo domenica ci da la possibilità di ringraziare chi, con la lotta e con il sangue, ha permesso a noi di poter avere la libertà di scegliere e di essere rappresentati. E, credetemi, di questi tempi non è poco.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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