Mia madre ha sempre sofferto di terribili mal di testa. Tutte le giornate, dacché ho memoria, iniziano così “Oggi muoio, me lo sento”. Lo ha detto anche venti minuti fa, rompendo le uova per le polpette della domenica. Sono quarant’anni che mangio polpette con uova, formaggio, carne, pepe e 70 gr. di presagio di morte. Vi dirò, non sono affatto male. Tutti gli specialisti non le hanno trovato nulla di male, del ‘gran’ male. Tutte le tac non hanno restituito nulla di male, del ‘gran’ male. Tutte le risonanze non hanno eccetera eccetera. Quasi delusa e infastidita da tanta salute, mia madre ha continuato, negli anni, a difendere il suo male e a farne una storia tutta sua (sapete che anche le malattie hanno una storia, no?). “I luoghi affollati me lo acuiscono, quindi, mò che viene Natale la spesa andate a farla voi”. ‘Voi’ saremmo io e papà. “I parenti mi portano stress, tutti insieme, poi, mi portano capogiri e sbandamenti, quindi, mò che si sposa tuo nipote non esiste proprio che io vengo anche perché, per quello che tengo, devo mangiare poco e raffinato”. Ora, va precisato che nessun medico le ha mai prescritto un regime alimentare per il suo mal di testa, ma lei ha inventato la malattia, i sintomi e la cura. “I funerali mi rattristano troppo -e vorrei vedere, aggiungo io- se piango è la fine per la mia povera testa, quindi, mò che è morta Geppina ci vai tu con tuo padre”. Negli anni è stato l’alibi perfetto per scansarsi battesimi, comunioni, matrimoni, pranzi di Natale, compleanni e funerali. Negli anni ho imparato anche io e, poiché poi papà si scocciava di fare il vedovo apparente, alle feste ha smesso di andarci pure lui. Ai funerali no, a quelli ci va sempre, perché dice che è l’unica festa che farà anche lui e spera che gli ricambino l’invito. Ma mia madre, alla quale il mal di testa rallenta tutte le funzioni tranne quella a cui è preposta la lingua, fa subito notare al consorte che, se stanno morendo tutti prima di lui quelli che lo conoscono, come farà ad avere una ‘festa’ con tanti invitati? Papà fa spallucce ed esce per la sua solita passeggiata. Ridiamo tutti -tutti… quelli tre siamo…- dei siparietti di mamma. La sintomatologia è il suo pezzo forte. Ne ride persino lei. Una volta vede le mosche, non proprio mosche, vede tipo mosche, moscerini, tutti che volano davanti agli occhi, perciò sbanda e non può uscire; un’altra volta sente le trombe, non proprio trombe, sente tipo trombette, come quelle di Carnevale, e allora si gira ma non trova nessuno che suona, e perciò sbanda e non può uscire; un’altra volta le prude in gola, non proprio in gola, più verso la nuca e, da lì, si espande come un calore caldo, non proprio caldo, più tiepido, quasi freddo e la testa diventa un coperchio con tutti i pensieri sotto che fanno ‘clop clop’. Su quest’ultima ride sempre anche lei. Anni fa, il nostro medico di base che la conosceva da sempre le disse “Raffeli’, tu ci atterri a tutti quanti!”. Il medico è morto l’anno scorso. Talvolta lei ne ricorda le parole e si fa seria, come per rispetto. Qualche mese fa, mio padre, che -avrete capito- è un santo di carne e ossa (più ossa che carne, per quanto è magro), si mise d’accordo con un altro medico, suo amico ma non di mamma, per farle uno scherzo. La cristiana lamentava il solito mal di testa ma con una petulanza che aveva superato la soglia di sopportazione persino di papà, che è tutto un dire… “Effettivamente qualcosa che non torna c’è” recita il medico. “Oì, e qua che non mi credono! Lo dicevo io, lo dicevo! Dite, dotto’, dite…” “Ci sono delle anomalie proprio qui, vedete? Qui dove dite di sentire il calore…” “Uuuh sì, dotto’, e che calore, un fuoco! Un fuoco come quello di Sant’Antonio, e tutti i pensieri sotto che fanno clop clop…” “Esattamente” “Dotto’, voi non potete capire il male, il male che fa! Da morire, dotto’, da mo ri re” “Lo so, lo so” “Bravo a chillo dottore, finalmente uno che mi capisce” “Grazie, signora. E niente, dobbiamo aprire e vedere cosa c’è. Vi ho fatto già preparare le carte per il ricovero” “Dotto’, ma vuje fuss’v scem??!? Ma addò vi siete preso la laurea? E che è, mò s’arapr’n ‘e cap accussì??!? Je stong ‘na bellezza!”. Ci ho provato anche io coi miei mal di testa, ma per sorriderne e non separarsi bisogna che sia sano l’uomo al quale racconti la tua malattia quotidiana. Mio padre lo è. I miei uomini? Tutt strunz o già malati, ma di malattie che non fanno ridere. Di quelle che, col tempo, ammalano anche te e per davvero.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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