Quel giorno, senza pormi tante domande, mi ero ritrovata a far parte di un’eterogenea platea riunita nella sala conferenze di un albergo di seconda categoria. – Perché no? – avevo risposto all’amica che mi aveva invitata a partecipare a un seminario della dott.ssa Gabriella Mereu e 30 € era stata la modica cifra che consentiva di ascoltare argomenti non ben definiti, un prodotto ibrido a metà strada tra la medicina olistica e quella psicosomatica: la Terapia Verbale, una sorta di bizzarra psicoterapia plasmata sui riti della psicomagia di Jodorowsky. Ma la vera natura dei temi trattati l’avrei capita solo dopo.
Quella donnina con gli occhi vivaci e vestita come la vispa Teresa era arrivata puntuale come la morte e altrettanto puntuale e funzionale era stata la sua prima provocatoria domanda. – Quanti medici ci sono in sala? – aveva esclamato salendo nella predella sulla quale avrebbe passeggiato per tutta la durata del seminario. Si erano sollevate circa una decina di mani e, tra quelle, anche il pollice di un vecchietto che col suo tremolio allungato verso il cielo sembrava un autostoppista con la diarrea. – Li vedete? Guardateli bene perché questi vi ammazzano! – E la donnina dagli occhi vivaci aveva iniziato il suo monologo. Innegabilmente divertente e dissacrante, ma un delirio in piena regola. Parlava, parlava, parlava senza sosta. Ma non comunicava con una platea, che pur le aveva fatto omaggio di 30 € a cranio. Gli spettatori non erano niente. Nient’altro che un vivaio da abbindolare e nel quale scorgere e raccattare potenziali pazienti da avviare a una terapia individuale tutt’altro che gratuita. Eravamo meno di un branco di cani randagi in attesa della rivelazione da 30 €. Lei parlava per sé, beandosi onanisticamente del suo show. Qualcuno aveva anche provato ad interrompere quel flusso di coscienza per elencare i propri acciacchi, sperando che la donna minuta spazzasse via, grazie alla sua terapia verbale, blister di pillole dal comodino e anni di diagnosi nefaste. Invece lei stava ben attenta a non apporre un’etichetta o dare un nome alle condizioni in cui ci trovavamo. Raccontava delle sue miracolose guarigioni e così l’aneddoto diventava protagonista e noi dimenticavamo l’essenziale: la presa per il culo. Mi dispiace scriverlo così brutalmente ma, sì, quella non era né una conferenza né un seminario: era una pantomima.
– Lo sa perché lei ha ricorrenti cistiti? – aveva detto ad un’emaciata signora che aspettava famelica la risposta – perché le hanno inculcato fin dall’infanzia che una donna a cui piacciono gli uomini, e conseguentemente il sesso, è una puttana. Lei è quindi vittima dei sensi di colpa. Vuole guarire una volta per tutte? Torni a casa, prenda una medaglietta con l’immagine della Madonna e la metta in vagina, così demolirà lo stereotipo di santa che si porta appresso. – Qualche giorno fa la dottoressa è stata finalmente radiata dall’ordine per la violazione degli art. 15 e 55 del codice di deontologia medica. E tra le proteste di chi l’aveva elevata al rango di guru, gridando al complotto delle lobby farmaceutiche colpevoli di zittire brutalmente ogni voce dissonante e pericolosa per la perdita di guadagni, anche il sollievo di coloro che hanno a cuore la tutela di soggetti passivi e scarsamente forniti di strumenti critici di valutazione. Ma, soprattutto, una radiazione che è atto dovuto per la salvaguardia dell’integrità di una categoria che, annoverando formalmente quella donna tra gli iscritti, dimostrerebbe di accreditare e riconoscere come valide pratiche diagnostiche e terapeutiche più che ridicole. La Mereu ha comunque annunciato che continuerà a esercitare informalmente e mettersi a disposizione in modalità non ufficiale di chi intenda ancora beneficiare delle sue terapie.
E allora che ognuno si arroghi pure la libertà di scegliere come curarsi o anche di come morire. Ma non in nome dell’ordine dei medici.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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