Il 9 marzo del 1841 la Corte Suprema degli Stati Uniti confermò la sentenza del Tribunale che aveva giudicato innocenti gli africani ribelli della nave negriera Amistad. Essi, infatti, erano accusati di ammutinamento, per essersi ribellati all’equipaggio della nave dopo il loro rapimento in Africa, nell’attuale Sierra Leone, mentre venivano condotti in catene e ammassati nelle stiva ad un mercato nell’isola di Cuba per essere venduti come schiavi. Con la ribellione, e l’uccisione del Comandante e di alcuni uomini dell’equipaggio, i ribelli costrinsero i resti dell’equipaggio a invertire la rotta e a tornare in Africa. Ma verranno ingannati: infatti i marinai dell’Amistad si diressero verso nord, verso New York, contando nella protezione del Presidente americano, notoriamente contrario all’abolizione della schiavitù. La storia singolare di questo processo, negli anni precedenti alla guerra di secessione, è stato poi raccontato in un pluripremiato film di Spielberg del 1997, dove descrive bene le torture, i massacri e le privazioni subite durante il viaggio da parte degli africani. Ad un certo punto, rendendosi conto che le provviste non erano sufficienti, gli aguzzini dell’Amistad buttarono in mare, in una macabra fila, 50 schiavi, legati tutti insieme a delle pietre. In un periodo in cui le prime leggi internazionali incominciavano a rivedere la normativa sulla tratta degli schiavi, il processo si svolse in un clima surreale a causa della mancanza di un traduttore che potesse spiegare le motivazioni dell’ammutinamento. Vorremmo tornare a casa dalle nostre famiglie, riescono alla fine a comunicare. Tornare in Africa. E infatti la prima sentenza, oltre all’assoluzione, comprese anche il rientro in Africa a spese del governo. Invece, nella sentenza della Corte Suprema, causata dal ricorso del Presidente degli Stati Uniti Martin Van Buren, quest’ordine del Tribunale venne annullato. Gli africani riuscirono a tornare ugualmente in Africa, grazie ad un comitato per l’abolizione della schiavitù che raccolse i fondi. Tuttavia, come viene anche raccontato nel film di Spielberg, l’Africa era un continente devastato dal business degli schiavi, che aveva provocato immensi sommovimenti di popoli in fuga dalle coste, sovrapponendosi alle altre popolazioni, e causando così degli interminabili conflitti a catena. Curioso notare come la storia viva di controsensi. All’epoca si andava a prelevare gli uomini, le donne e i bambini dall’Africa. Un mercato orribile, che serviva a sostituire il genocidio dei popoli amerindi, meno adatti al duro lavoro che si richiedeva per far decollare le nascenti economie del Nuovo Mondo. Ora accadde l’inverso. Dopo secoli di distruzione, devastazione e sfruttamento, quell’Africa che era una sorta di eden primigenio, è oggi diventata la cartina di tornasole dell’inferno, e la gente fugge, per trovare un modo per sopravvivere, nelle braccia dei paesi che, ad un tempo, sono il miraggio di una nuova vita e il luogo dei loro storici carnefici. La gente africana fugge in barconi talmente affollati, che non ci possono far dimenticare con troppa facilità le navi negriere come l’Amistad.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo.
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