Non ho mai usato deodorante e saranno 15 anni che non uso sapone per lavarmi.
Uso lo shampoo, ma soltanto perché ho la pessima abitudine–proprio un tic–di toccarmi in continuazione i capelli.
E visto che ci sono, mi ci do una passata alle zone più odorose.
Ma non alle ascelle.
Per la cronaca: in Olanda il ginecologo consiglia alle donne di usare soltanto acqua.
Oltretutto in Olanda non si usa il sacro bidet!
ORRORE!
Forse sono solo fortunato.
Ogni tanto sento il mio odore e, dico la verità, mi piace, mi sembra un odore gradevole.
Ovviamente ho un odore: tutti quelli che non usano deodoranti hanno un loro odore personale.
Vi vedo già storcere il naso.
CHE SCHIFO!
Schifo fate voi, per favore!
Da bambino riconoscevo le persone dal loro odore.
Certi odori mi piacevano, altri no, ma nessuno concepiva la possibilità di non avere un odore.
La gente aveva un odore e parlava come sapeva parlare: aveva un odore e un “accento”.
Adesso la gente vuole essere inodore–molta gente insapore lo è già–e non vuole avere un accento.
L’odore e l’accento sono gli ultimi due tabù dei “progressisti”.
Gli ultimi due pregiudizi consentiti dalla correttezza politica e non lo dico io, ma The Economist, po prexeri.
Oddío, questo giornale non parla di odori, ma su questo c’è poco da discutere: ho letto da altre parti quello che pensate anche voi.
L’odore, con il sapore, è una delle cose che più coinvolgono emotivamente le persone.
Vabbé, capisco che se uno ha un’odore sgradevole–esistono gli odori personali sgradevoli–usi il deodorante.
Ma essere inodore?
È come essere insapore: bambu!
Quando ero piccolo–ed è un bene ricordarlo–avevamo l’acqua razionata, a giorni alterni, quando andava bene, e per poche ore.
Nessuno poteva farsi la doccia tutti i giorni.
E nessuno usava il deodorante.
Tutti olezzavamo felicemente e nessuno è mai morto per l’odore altrui.
Oggi ci facciamo la doccia tutti i giorni e non avremmo bisogno del deodorante.
Tranne alcuni.
Ma nel mentre è nata la fobia dell’odore.
Genti tonta.
Usare il deodorante è come usare il preservativo.
Usare l’italiano invece del sardo è la stessa cosa.
Il preservativo serve a “fare sesso”–come si dice adesso, scopiazzando, male, l’espressione americana–invece che fare l’amore, come si diceva ai miei tempi e come ha notato Tiziano Terzani in un articolo che circola in questi giorni su Facebook.
Preservativo e deodorante servono quando non ti fidi degli altri o di te stesso.
Per il preservativo, riesco a vedere dei buoni motivi, almeno se “fai sesso”.
Per il deodorante, non vedo alcun motivo, se non l’idea che il tuo odore personale debba rimanere un segreto.
Eppure dicono che le donne si innamorino dell’odore di un uomo.
Io so di essermi innamorato almeno un paio di volte dell’odore di una donna.
Coscientemente, voglio dire.
Le altre volte chissà.
Tutto questo cazzeggio per dire che se la fobia dell’odore ha una sua base fisiologica–la sua coinvolgenza–la fobia per “l’accento” di una persona, ha soltanto una base culturale.
Cioè: inculturale.
Il non conoscere come valore.
Il non voler sapere e far sapere da dove si viene.
A Cagliari, anni fa erano in voga le scuole di dizione, che ti insegnavano a perdere l’accento sardo.
La mamma degli imbecilli è sempre pringia!
A questo punto è arrivato l’odio per se stessi.
Figuriamoci allora usare il sardo come lingua comune nelle interazioni normali di tutti i giorni anche con gli sconosciuti.
Io lo faccio.
E le reazioni sono quelle che spetterebbero a uno che ti spiaccica la sua ascella sudata e maleodorante sotto il naso.
La gente sono strani.
Il non voler conoscere come valore.
Non voler conoscere gli odori altrui, le lingue altrui, il non voler ammettere di conoscere più lingue.
I veri nemici del sardo–che, è bene ricordarlo, si sta estinguendo–non sono le minche bollite che ci governano o gli italiani.
I veri nemici siete voi: minche bollite che non volete sapere e far sapere chi siete, e per quello non lo usate normalmente.
Così, tanto per dirlo e passarci un’oretta scrivendo.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.023 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design