Parlo a coloro che, negli anni – e fino al 1988 almeno – hanno utilizzato la macchina da scrivere e hanno battuto violentemente i tasti, soprattutto quando l’inchiostro del nastro era ormai logoro dall’usura. Quel nastro – solitamente diviso a metà tra il rosso e il nero – fu brevettato il 25 gennaio del 1888 da Jacob Wortman. Un’invenzione che durò più o meno un secolo per lasciare la scena alla più silenziosa tastiera dei computer. Quel nastro è stato il nostro lasciapassare con le parole. L’hanno utilizzato poeti, scrittori, giornalisti, bancari, operatori delle poste, dipendenti della Tirrenia. Quel nastro è un pezzo della mia vita. Lui e la Olivetti lettera 32 mi hanno accompagnato nell’universo magico delle frasi scritte “ a macchina”. L’ho utilizzato per riprodurre storie su fogli vergati, su quelli del quaderno; solo in un caso il nastro non si doveva utilizzare: quando si scriveva sulla matrici per inserirle nel rullo del ciclostile e stampare in molte copie i volantini per le manifestazioni studentesche. Ci ho scritto tutte le canzoni di molti LP, quando nel vinile i testi non apparivano (il caso dei primi album di De Gregori, Dalla, Guccini, Venditti) ho confezionato la ricerca dell’esame di maturità e ci ho scritto anche la mia tesi di laurea che ancora conservo con estrema tenerezza. Se avevi molta forza e utilizzavi la carta carbone potevi anche arrivare a tre copie anche perché, almeno a quei tempi, la fotocopiatrice era solo una macchina con un rullo di carta chimica grigia e non restituiva una bella copia. Nel 1987 sbarcò sulla mia scrivania l’Olivetti M19, con i floppy disk e tutto si modificò. Oggi le parole non hanno più rumore quando si materializzano sul display. Si può correggere in un attimo. Ai tempi della macchina da scrivere anche questa era operazione da bravi architetti: il bianchetto, l’attesa che asciugasse e poi rimettere il foglio attenti a trovare la riga giusta e il punto esatto. Altri tempi quando la lettera 32 era una portatile da circa tre chili e tutto ci pareva bellissimo. Una chitarra e una macchina da scrivere ci servivano per modificare il mondo. Con il nastro bicolore che nessuno usa più.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design