Buoni e cattivi si confondono e non li si può separare con una linea netta, tracciata sulla lavagna del giudizio universale.Le narrazioni ufficiali, alla prova del tempo, scoloriscono e vacillano, perché nessun uomo e nessun fatto si possono davvero conoscere completamente, nel profondo dei loro pensieri e nella complessità del loro compiersi.Resta, infine, solo la speranza che non vi sia più bisogno di distinguere tra buoni e cattivi. E quale nome, più di Pasca, può evocare la speranza di una rinascita?
La guerra di Pasca è il secondo romanzo di Cosimo Filigheddu, appena uscito per Il Maestrale.Se Rosa Zicchina ci aveva raccontato le tetre atmosfere della Sassari paralizzata dal colera del 1855, vista con gli occhi spietati della geniale trovatella assetata di mondo e conoscenza, Pasca è una serva quindicenne costretta ad affrontare la Sassari della guerra civile, nel clima di ostilità e diffidenze di un’Italia lacerata e dove non sempre i liberatori sanno resistere alla facile tentazione di essere essi stessi sanguinari invasori, nell’anarchia seguita all’8 settembre.Nel mondo della immaginaria Pasca nuotano i reali Enrico e Mario Berlinguer, Antonio Pigliaru, i coniugi Misuraca, il leggendario don Capula parroco di La Maddalena, una varietà umana di poliziotti e carabinieri, alcuni mossi da un consapevole senso del dovere, altri solo ottusi e stupidamente proni al potere.Ripeto: è un mondo complesso, ricco di dettagli e minuzie, dove umanità e debolezze sono trasversali, ugualmente rappresentate sia sul fronte fascista e su quello antifascista.
Il romanzo si apre con la scena di uno stupro, descritto con una tale minuziosa cruenza da suscitare rabbia e poi disorientamento. Abituato fin da piccolo a sentire la storia degli americani liberatori dell’Italia schiacciata dal giogo nazifascista, con tutti gli eccidi e le rappresaglie che i tedeschi si lasciarono alle spalle durante la loro occupazione, stordisce sapere che l’orco stavolta è un sergente maggiore americano, uno di quei giovanotti costretti a varcare l’oceano per liberarci dal male, salvo poi diventare essi stessi il male, quanto e forse più di quei soldati marocchini ne La Ciociara.
Vi ho anche anticipato che il comunista Berlinguer e il fascista Pigliaru dialogano, collaborano e simpatizzano l’un l’altro, nonostante vengano da posizioni ideologiche opposte. Devono salvare Pasca e ogni distanza si annulla, ogni pregiudizio si dissolve quando si tratta di difendere una vita che – ve lo dirò alla fine di questa recensione – è forse molto più di una vita.Il centro del romanzo è in questo sodalizio, a sua volta al centro di una vicenda molto più grande della piccola Sassari e con inevitabili sviluppi oltre il Tirreno.E devo confessare che, tra i due, quello nel quale più mi sono immedesimato e per il quale ho provato umana pietà è stato proprio il giovane Pigliaru: timido, garbato, un po’ sfigato, pensatore di primissimo ordine, consapevole di essere passato dalla parte sbagliata della storia senza aver fatto nulla per meritarselo.In un batter d’occhio della Storia, le sorti di Berlinguer e Pigliaru si rovesciano, clandestinità e libertà si capovolgono, ma non ci si può dare pace e ragione solo lasciandosi convincere che sia stata la naturale vittoria del bene sul male.
Sia chiaro, non c’è alcun tentativo di revisionismo storico nel romanzo, nessun rovesciamento di torti e ragioni. Solo la doverosa presa d’atto che gli eventi non seguono uno schema fisso, che tutti possiamo essere vittime e carnefici.Lo sarà anche l’innocente e graziosa Pasca, ma non posso dirvi di più per non togliervi il gusto della lettura.Lasciatemi dire, però, che io vedo in Pasca la personificazione dell’Italia e che i segni sulla sua carne viva indicano cosa sia davvero stato il nostro Paese da quell’8 settembre e per almeno un decennio seguente: sballottato, conteso, ma non inerte e passivo perché sorretto in molte sue parti dall’orgoglio e dalla dignità.Quali risultati producano orgoglio e dignità lo scoprirete leggendo questo capolavoro di scrittura e ricerca storica, al quale è facile pronosticare una meritata gloria editoriale.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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