Chiedo, a chi ne sa più di me: ma puniranno anche i magistrati che si voltano dall’altra parte e fingono di non vedere per aggirare i grattacapi o, invece, solo quelli che sbagliano? Per intenderci, i magistrati del porto delle nebbie che per anni fu il tribunale di Roma sarebbero punibili? L’ingiustizia subita da chi finisce ingiustamente in galera va lavata col risarcimento del danno. E l’ingiustizia di chi si è tappato gli occhi per non vedere corruzione, malaffare, illegalità? Non ha provocato danni economici e morali anche quella? Non ditemi che un magistrato negligente potrebbe continuare ad esserlo senza essere toccato da questo giro di vite, dai!
Definiamo poi cosa si intenda per errore. Involontario (come il fallo di mano in area di rigore, certe volte), indotto oppure l’errore provocato da prevenzione, accanimento, fatto personale?
La differenza è sostanziale.
I magistrati e i giudici sono esseri umani. Ce ne sono bravi, onesti, disonesti, belli, brutti, con l’alito cattivo, sportivi, obesi, simpatici, stronzi. Che ci piaccia o no, chi amministra la giustizia sbaglia. Come un qualunque altro essere umano. Come un giornalista, un medico, un insegnante eccetera eccetera.
La giustizia umana è fallace, può sbagliare. Sarà sempre così. Questa riforma produrrà magistrati che non sbagliano? Vuoi vedere che anche Renzi è unto dal Signore e può trasmettere la sua infallibilità attraverso un nuovo codice? Eh, la faccio facile io: e se mi fosse capitato di finire in carcere per sbaglio? M’incazzerei, protesterei, m’incatenerei ai cancelli di un tribunale. Ma resterei un dato statistico nel calcolo delle probabilità. E sarà sempre così.
Sapete, a me sembra che questa roba nasconda solo la rivalsa della politica verso la giustizia. Non è l’orrore del Pm sottoposto al Governo sostenuto da Berlusconi, ma lo spirito è quello.
Cos’è per noi la malagiustizia? L’intollerabile tempo di attesa per essere giudicati, l’agonia di imputati e testimoni, sballottati da un rinvio all’altro, certo. Lo sappiamo tutti. Ma il termine ora ha un’accezione diversa. A noi in questi vent’anni hanno raccontato una giustizia ingiusta che sbaglia apposta, perché antropologicamente diversa, invidiosa, cattiva.
Ora vi racconto una storia, a mia volta ascoltata ad un corso dì aggiornamento dalla voce del grande giornalista Paolo Pillonca. Nel 1980 era in vigore la legge Cossiga che conferiva poteri eccezionali alla polizia, affinché potesse combattere meglio l’emergenza terrorismo. In Sardegna, in quel periodo, si andava a caccia della colonna sarda dei brigatisti, la cosiddetta Barbagia rossa. Pillonca era caposervizio della redazione nuorese de L’Unione Sarda. Una mattina di quell’anno, ricevette in redazione una telefonata che iniziava con queste parole: “Qui Barbagia Rossa, volevo rivendicare…”. Click, la comunicazione si interruppe all’improvviso.
Il giornalista informò subito il questore del fatto e cadde dalle nuvole quando, dal questore stesso, qualche giorno dopo fu messo a conoscenza che quella telefonata era partita dalla casa dello stesso Pillonca. Poi quel questore venne trasferito e ne arrivò un altro. Il sostituto lesse il rapporto sui fatti e si convinse che la redazione nuorese de L’Unione fosse un covo di brigatisti.
Pillonca e la moglie vennero arrestati e tenuti due giorni in isolamento, come era nei poteri della polizia per effetto della legge Cossiga. Poi, dalla perizia fonica, si scoprì che a telefonare era stato il figlio tredicenne di PIllonca, in vena di scherzi. E che la chiamata era stata interrotta da un carabiniere maldestro che l’aveva intercettata, essendo la linea del giornale sotto controllo.
Tutto venne chiarito e i due coniugi rilasciati. Oggi i giornali titolerebbero sul caso di malagiustizia e Renzi twitterebbe la foto di Paolo Pillonca. Invece era solo uno sbirro manettaro.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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