Perché poi uno le carte se le gioca e si convince che è lui a scegliere la strategia, le giuste pause e il momento nel quale calare i suoi punti. Ed invece, il destino, compagno di squadra, co-protagonista della nostra brevissima esistenza stabilisce, di colpo, di prendere lui il banco in mano e decide di passare la mano o di provare a vincere la partita. Il destino, in fondo cerca sempre di essere silenzioso e quasi invisibile. Ma è lui a dettare le regole. E’ lui che può partire o ripartire, fermarsi o correre. Così. Prendete quei ragazzi che vincono un biglietto per volare in Spagna. Il destino ha premiato quella classe di studenti. Potevano essere altri ma la sorte ha giocato e ha deciso: saranno loro a salire su quell’aereo tutto sommato sicuro. Sicurissimo. Sono gli altri a dover dire: siamo sfortunati, non vedremo Barcellona. Ed invece. Già. Il gioco cammina su binari sottilissimi, s’incunea sull’invece. Perché poi bisogna essere bravi a miscelare i casi della vita, a mettere insieme centocinquanta storie e sbatterle fortemente, regalandole al destino. Perché poi uno le carte le aveva anche buone ma c’è sempre qualcuno che bara o che decide di passare la mano nel momento migliore per il suo avversario. Piccoli momenti che diventeranno ricordi e follia di un attimo. Quel destino assurdo che ha accompagnato centocinquanta persone verso il buio profondo. Tutte insieme. Nonostante volessero giocare su molti tavoli, nonostante avessero storie apparentemente inconciliabili. E’ sempre così. Quando salgo su un aereo scruto sempre le persone con le quali ci sediamo a giocare a carte. Lo faccio con un certo fatalismo. Provo a scoprire se abbiamo qualcosa che ci accomuna o se all’interno di quel volo ci può essere qualcuno che ha fatto un patto con il diavolo. Mi guardo intorno e quando vedo un bambino mi rassicuro sempre. Il destino sa fare bene i suoi calcoli, mi dico. Mica centrifuga una vita appena abbozzata. Già. Ed invece. Ecco. Io non so perché l’attore non protagonista della nostra vita decide, in un attimo, di giocare male le sue carte. Non lo so. Ma sono convinto che percorriamo tutti una strada con molte curve convinti di essere sempre in viaggio calpestando un infinito rettilineo. Ed invece.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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Mi vuoi vedere nuda? (di Cosimo Filigheddu)
Grazie dei fior. (di Giampaolo Cassitta)
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Cari radical-chic guardate Sanremo e non fate finta di leggere Joyce. (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo, Italia.
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