Se l’estate del 2015 fu la più calda da un secolo e mezzo, quella del 2016 è stata veramente straordinaria. A maggio, alla Pelosa, quando si faceva già fatica a dispiegare un asciugamano, arrivarono alla spicciolata le prime tartarughe. Si fecero spazio tra ombrelloni e sdraio e senza degnare di uno sguardo i bagnanti si misero a scavare nella sabbia. Ciascuna deponeva una quarantina di uova che poi ricopriva amorevolmente prima di fare dietrofront e tornarsene in mare. I forestali cominciarono a transennare i nidi e in breve sia La Pelosa sia La Pelosetta furono off limits. A giugno furono notati i primi leoni di mare alle Saline e a Capo Caccia. “Non è possibile – dissero gli esperti – saranno foche monache”. Ma le dimensioni non quadravano: era grandi e grassi leoni di mare con un bel po’ di femmine baffute che subito si rivelarono gravide. Il 17 giugno le grotte di Nettuno ad Alghero furono frettolosamente chiuse perché una decina di cuccioli di foca venivano premurosamente allattati dalle madri proprio davanti alla biglietteria. Alle Saline le prime nascite arrivarono a fine mese e le femmine, molto protettive, scacciarono i turisti ancora prima dell’arrivo dei rangers che transennarono la spiaggia. Le megattere avevano cominciato a giocare e amoreggiare tra Capo Figari e Tavolara già nella tarda primavera. Gli sbuffi e i salti venivano accolti dagli applausi dei turisti che facevano di tutto per viaggiare sulla Moby: pareva proprio che la balena azzurra, simbolo della compagnia di Onorato, attirasse le balene vere. Poi, come nel mare di Cortez, cominciarono a figliare. Tutte le navi furono invitate a prestare la massima attenzione e a non superare i quattro nodi. Il primo condor andino fu avvistato da un birdwatcher inglese sulle alture a nord di Capo Marrargiu. Armato di binocolo, l’appassionato ornitologo vide una coppia di maestosi condor scacciare dal nido due modesti grifoni che si ritirarono protestando. Il primo attacco di squali bianchi a surfisti avvenne a Piscinas, già stracolma di turisti perché era stata segnalata un’orca che tentava di catturare con prodigiosi balzi i pinguini Adelia giunti chissà quando sulle spiagge a sud della Costa Verde. Una mattina di luglio, Mathias M., 36 anni, di Hamburg, fece ritorno in spiaggia con mezzo metro di tavola da surf in meno. Indiscutibili i segni dei denti dello squalo che aveva mancato i piedi del surfista di un paio di centimetri. La balneazione fu vietata anche perché non un solo bagnino era disposto a farsi il bagno. A Carloforte alcuni sub scoprirono che davanti a Cala Fico cominciava a emergere una barriera corallina con pesci pappagallo, pagliacci, balistoidi ed enormi tridacne dai bordi iridescenti. Però la notizia non ebbe molto spazio sui giornali dove non si parlava altro che delle gigantesche mante, i diavoli del mare, che giocavano sin quasi a riva da Villasimius sino a Pula e oltre. A Platamona le lontre di mare svicolavano tra i bagnanti mentre a Mal di Ventre furono viste rompere con le pietre i ricci di mare, gettando nella disperazione i ristoratori. Invano fu chiesto di riaprire la caccia. Al mercato di San Benedetto, a Cagliari, le ammoniti e i nautili si vendevano a tre euro al chilo sebbene le cozze fossero crollate a un euro e mezzo, persino pulite. Sulle dune di Arbus varani, serpenti a sonagli e clamidosauri sconsigliavano gite ed escursioni. A Muravera i granchi reali dell’Alaska colonizzavano le spiagge. I bagnanti li guardavano un po’ preoccupati: “Bà, sembrano gli alieni della Guerra dei mondi” disse un ragazzino mentre li riprendeva con il suo smartphone. Il filmato fece il giro del web e un burlone tentò il bis della trasmissione di Orson Welles. Ad agosto gli pterodattili cominciarono a nidificare sul Gennargentu che andava coprendosi di gigantesche felci più alte delle querce mentre festoni di orchidee pendevano dai castagni. Le meraviglie sarde fecero impennare gli arrivi: 10mila, poi 15mila, poi 20mila turisti al giorno solo a Olbia. Onorato prese in affitto persino i traghetti del Bosforo per portare vacanzieri nell’isola diventata il top del top delle destinazioni turistiche. Matteo Salvini, subodorò un possibile imbroglio, tanto da presentare in lumbard una interrogazione all’Europarlamento nella quale sottolineava oscure manovre ai danni delle varie riviere adriatiche. Ma era tutto vero, degno di un romanzo di Crichton. Quando Nessie fu avvistato nel lago di Gusana, la BBC commissionò a David Attenborough una serie di documentari su “Sardegna quasi un eden”, un’opera monumentale in 12 puntate . Il progetto non andò in porto perché quando la troupe stava per imbarcarsi, giunse la ferale notizia che un pescatore aveva sparato al giovane plesiosauro facendolo secco: “S’era mangiato tutte le trote” si scusò. Ma la Pro Loco gli fece causa lo stesso. Nel golfo di Orosei piccoli squali pinna bianca del reef con fulminei attacchi sfrangiavano le pinne degli appassionati di snorkeling. La Costa Smeralda sembrava invece esclusa da qualsiasi xeno-invasione. Solo in un secondo tempo si scoprirono enormi fosse piene di carcasse di gigantesche (e immangiabili) piovre che ogni notte venivano pescate nel marina dalle guardie giurate del Consorzio. Ormai in tutta l’isola non c’era un posto letto vuoto né una pinnetta libera. “Affittammo a 200 euro a notte persino la porcilaia – racconta Gavino di Sanluri –. Ospitammo una famigliola di belgi che ci chiesero anche la ricevuta fiscale”. Il 20 agosto, quando il consiglio regionale aveva già predisposto in seduta straordinaria un disegno di legge per fare della Sardegna un unico enorme parco naturale, arrivò il maestrale. L’ambat di mezzo agosto, come dicono i pescatori algheresi. Mani assassine (titolarono i giornali) mosse da chi non voleva sentir parlare di parco, appiccarono il fuoco. Uno, dieci, cento, mille focolai. Mentre elicotteri, Canadair e squadre a terra spegnevano un incendio, ne venivano appiccati altri dieci. Era una battaglia persa, ma grazie al cielo le vittime furono meno di dieci. Con la tecnica dei controfuochi, i forestali riuscirono a creare dei corridoi dove far passare al sicuro residenti e turisti. In tutto andarono a fuoco 200mila circa il 10 per cento dell’intera Sardegna. Terrorizzati dal fuoco e dalla fine dell’Eden, tutti volevano tornare a casa. Il fumo impediva i voli e il mare agitato rallentava il trasporto marittimo. Foche e tartarughe, mante e condor, pterodattili (ma forse erano solo giganteschi pipistrelli di Giava), lontre e leoni di mare sparirono come erano arrivati. Per mesi una cappa di cenere e fumo gravò sull’isola, creando un sorta di inverno nucleare che si protrasse sino all’estate successiva. I rimpatrio dei turisti fu una seconda Dunkerque. Venne mobilitato ogni traghetto italiano, greco e francese e anche i pescatori del Lazio, della Campania, della Toscana e della Liguria per 50 euro a testa (cena inclusa a base di pesce, bibite non comprese) imbarcavano i fuggiaschi che non trovavano posto sulle navi. Arrivarono persino gli scafisti dalla Libia e dall’Algeria, ma furono respinti per pausa di infiltrazione dell’Isis. Tra l’altro risultarono non in regola con le dotazioni di sicurezza. Come Dio volle, in una settimana la Sardegna fu evacuata. Il disegno di legge per il parco regionale globale fu accantonato e rapidamente dimenticato. Roma, di fronte alla catastrofe, fu costretta a finanziare a furor di popolo un secondo Piano di Rinascita con poli industriali e hi-tech nel Sarcidano, nel Sarrabus e nel Goceano. Si parlò di 50mila posti di lavoro e di 5 miliardi. Però l’ennesima cricca si mangiò di nuovo tutta la torta.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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