La foto qua sopra ritrae un carico di anfore romane di età repubblicana; in particolare è il carico di una nave affondata vicino all’Isola di Spargi alla fine del II secolo a.c.
La forma del carico, ricostruita dagli archeologi con un incastro razionale dei pezzi, ripete la forma dello scafo che li conteneva, dissolto dall’acqua del mare e dalle correnti.
A volte capita addirittura che il fondo del mare divori lentamente il legno di uno scafo, lasciando le anfore perfettamente incastrate, a ripetere la forma della nave che nel frattempo si è fatta acqua. Ricorda un po’ la tecnica della cera persa, quella che gli orafi usano per creare gioielli unici.
In questi giorni, tra elezioni americane e referendum costituzionale, si parla molto di democrazia. Se ne parla a volte come al mercato, o allo stadio, e molti usano urlare, con le corde vocali o il CapsLock, cosa è democrazia e cosa non lo è. Si è detto di tutto sulla democraticità del voto americano, e si continua a dire molto su minacce e vantaggi per la democrazia, legati alla vittoria del no o del si. È un gran casino e forse, proprio per questo, tutto ciò è molto democratico.
Qualcuno dice che la Costituzione è la garanzia della democrazia e che proprio per questo non va toccata. Qualcun altro ricorda che è proprio la Costituzione a dire come è possibile modificarla. Per alcuni è democrazia la continuità, per molti è democrazia il cambiamento, e un punto fermo non c’è. E se poi cerchi di afferrarla, la democrazia, di puntarla con lo sguardo, lei fugge. È democratico che Trump abbia preso meno elettori e abbia vinto? È democratico che il voto di chi non si informa valga come quello di chi si informa? È democratico che chi vince le elezioni possa decidere di discriminare certe categorie di esseri umani?
Io credo che la democrazia sia come la forma della nave. La nave è scomparsa, è un’idea, ma la sua forma è ancora là, in quelle anfore che si sforzano di stare insieme nel modo più razionale possibile.
La democrazia è forma.
Noi siamo le anfore, che senza nave, cerchiamo di darci forma di nave.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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