L’anonima fabbrica italiana era stata fondata nel 1899 ma l’8 marzo del 1906 si trasforma in Fabbrica Italiana Automobili Torino. Quel giorno nacque la FIAT. Ad essere sinceri ho posseduto solo un’automobile Fiat: la Ritmo diesel. Eravamo nel 1984 ed era azzurro carta da zucchero. Poi, più niente. Però la Fiat è stata la storia della mia famiglia: la topolino (bianca e non amaranto) di mio padre che non conobbi e, nel 1968, arrivò a casa la Fiat 500. Mio padre era morto da qualche anno e mia madre decise di diventare, a 40 anni, una donna con patente ed auto a seguito. Era il 1968 e per le donne non era semplice. Figuriamoci per quelle sposate o vedove, con due figli a carico. L’episodio l’ho raccontato nel mio libro “Domani è un altro giorno” e lo ripropongo oggi, giornata della donna. Ha dunque una doppia valenza: la storia della mitica 500 (o, come la chiamava mio cugino romano “cinque piotte) e di una donna coraggiosa, forte, che si regalò un sogno. Buon compleanno alla Fiat e buoni ricordi a chi sulla 500 ci ha viaggiato, ha sorriso, ha cantato, ha imparato a guidare, a debrariare doppiamente e, come me, ci ha fatto all’amore.
“La 500 rappresentava il primo vero atto di rinascita, il vero punto di partenza del nostro piccolo nucleo, il cordone ombelicale che ci legava alla comunità; l’automobile era la possibilità di essere presenti, di essere uguali agli altri, di far parte di quella vasta cerchia dove l’auto significava “famiglia”, padre compreso, perché le famiglie da me frequentate avevano il padre e, di conseguenza, l’auto.Anche noi avevamo raggiunto la “normalità”.Potevo finalmente raccontare delle gite fuoriporta, delle curve, delle salite e le discese, potevo affermare che io, rispetto ai miei coetanei, possedevo qualcosa in più: conoscevo il motore, i segnali stradali, i diritti di precedenza; conoscevo l’importanza delle marce e della “debraiata” che tu non imparasti mai a inserire nel momento e nel modo giusto.Ti ricordi quando, al rientro dalla Gallura, si dovevano affrontare le curve della salita antica e ci si trovava con un camion davanti? Tutto si complicava, era necessario scalare dalla quarta alla terza e poi alla seconda. In questo caso l’operazione era decisamente complessa perché la 500 non montava il cambio sincronizzato e si era costretti a utilizzare la “doppietta”, operazione che a te non veniva proprio bene.Il risultato era, sempre, una sonora “grattata”. Eppure in teoria era semplicissimo: prima di scalare occorreva dare un colpo alla frizione e posizionare il cambio in folle, accelerare per aumentare i giri al motore e permettere nello stesso tempo di far correre più velocemente gli ingranaggi, innestare la marcia bassa e rilasciare la frizione.Non lo facevi o lo facevi male. Non lo facevi e non lo volevi fare. Anche in questo caso intendevi essere diversa da quelli che ci riuscivano. Trovavi delle scuse incredibili, ti ricordi?«In questa 500 la debraiata non entra, non avevo le scarpe adatte, la salita peggiora la situazione, non c’è abbastanza visibilità, tanto non succede nulla, è meglio che gratti così poi, in salita, viaggia più veloce.»Non rispondevo, non potevo rispondere. Ero solo il navigatore che suggeriva la rotta, ero quello che, in teoria, aveva molte chance, ma come pilota avrei dovuto aspettare ancora otto anni.”
Giampaolo Cassitta “Domani è un altro giorno” Arkadia editore, 2020. Tutti i diritti riservati.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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